sabato 25 febbraio 2017

Merlin is my friend (Parliamone...)

Che si tratti di mito o leggenda, di tradizione orale o di opere letterarie, decisamente la figura di Re Artù è stata una delle più ispirate e suggestive, ricettacolo di ogni forma di virtù cavalleresca e cortese, iconica nella mente dei popoli ed emulata nel corso della storia da sovrani e condottieri, tutti ammaliati dalla figura del leggendario sovrano di Camelot. Questo, brandendo la sua fidata excalibur e accompagnato dal suo fedele consigliere -e mago- Merlino, è riuscito ad affrontare innumerevoli difficoltà, dimostrando coraggio, lealtà verso il suo popolo e un minimo di scaltrezza. Ma oggi non siamo qui per parlare tanto di lui, quanto del già citato Merlino; ci sorprenderà immaginarlo con il volto di un ragazzo, occhi vispi ma profondi e una risata vivace e sempre allegra, decisamente l'opposto dell'immaginario popolare del vecchio con la barba bianca e incurvato sul proprio bastone; una storia diversa dunque, che ammette personaggi diversi, provvisti di un carisma unico e travolgente, tutto sotto forma di una serie tv che sa raccontarsi e sa farsi amare, sempre.

 Merlin, per l'appunto, è una serie tv, prodotta dalla BBC, che ricalca la storia di Merlino, interpretato da un carismatico Colin Morgan, durante la sua giovinezza, e di come si sia messo al servizio del giovane principe, e poi re, Artù, interpretato da James Bradley. La Serie, composta da cinque stagioni e suddivisa in tredici episodi per stagione, racconta in maniera differente -ma non per questo meno intrigante- le origini di Merlino, i suoi poteri e la sua forza, e i suoi legami affettivi, dalla madre fino al medico di corte Gaius, da Ginevra ad Artù. In particolare con quest'ultimo creerà un legame unico, fatto di battute ironiche e scherzi, ma anche di sguardi d'intesa, complicità, affetto, in particolar modo nei momenti più difficili e apparentemente insuperabili. Le cose saranno tuttavia complicate dalla necessità di Merlino di nascondere la sua natura magica per via della volontà di Uther, padre di Artù e re di Camelot, di sopprimere ogni creatura dotata di magia in quanto incline alla violenza e al male. Tale doppia identità comunque non impedirà il nostro mago di aiutare il suo principe contro i più svariati nemici (a volte mettendo seriamente in pericolo il suo segreto), da Nimue a Morgause, fino alla tanto temuta Morgana, interpretata da una fantastica Katie McGrath, inizialmente benevola e accolta alla corte di Uther come sua protetta, per poi scoprirsi essere non solo una strega potente ma anche la figlia del sovrano. Questa inizierà a tramare contro Uther stesso, avvelenata dalle parole d'astio di Morgause, fino alla completa follia, la quale sfocerà nell'odio incondizionato contro l'intera Camelot. Quasi d'obbligo specificare come l'intera serie si sviluppi in un continuo di vicende, a volte ilari e giocose, altre volte intrise di una vena quasi shakespeariana, e una direzione artistica fenomenale, capace di inquadrare immense vallate, montagne innevate e laghi profondi persi in un blu mistico di un cielo lontano e ormai perduto. La recitazione è ad alti livelli, tutto grazie alla capacità particolare di Morgan di saper recitare più soggetti (più di una volta Merlino cambierà "forma"). Forse l'unica pecca della serie è la velocità con cui si conclude, con delle stagioni (1-2-3) molto lente per poi avere una quarta e una quinta fin troppo veloci che potrebbero far perdere il filo ai meno attenti, e che avrebbero potuto meritare di più in termini di narrativa e caratterizzazione dei personaggi. Il finale a tratti si rivela traumatico, a tratti poco piacevole, questo sempre derivante dalla bravura degli attori di esser riusciti a far empatizzare al pubblico dei personaggi meravigliosi, pieni di un carisma immenso; quello che ne consegue è un trauma profondo derivante dalla separazione dalla serie e da quei personaggi che riescono a far sognare sempre, e che suscita rabbia ma anche speranza, speranza di ritrovare Artù, un giorno, a difesa della Camelot dei nostri cuori, e lì, sempre al suo fianco il fidato e inseparabile Merlino. Ma alla fine merita questa serie, no? Eccome! Molto spesso tendiamo a banalizzare sentimenti come l'amicizia, al giorno d'oggi forse fin troppo trascurata; questa serie invece la porta avanti quasi con ironia, VUOLE mettere in risalto la diversità, il problema dell'accettazione, e riesce nell'intento portando dei personaggi che, per quanto diversi, per quanto opposti, per quanto tecnicamente "nemici", sanno cogliere l'attimo unico di un sorriso, sorriso che diventa un unico sguardo complice nelle difficoltà più insormontabili. Questo è Merlin.

Shadows... Dark Souls II sottovalutato: originalità pigra?

Ultimamente parlando della serie souls, il titolo che spicca più di tutti è sicuramente Dark Souls III sia per critica sia per accoglienza del pubblico, un titolo che a livello narrativo ha saputo offrire molto ma che, come qualsiasi titolo, presenta delle pecche che per certi versi non lo rendono così innovativo come quello che adesso andremo a trattare. Infatti Dark Souls 2, per molti considerato la pecora nera della trilogia, ha saputo innovare molto, offrendo nuove possibilità, scombussolando alcuni equilibri, e in certi punti anche semplificando un gameplay che, nel primo capitolo, vantava un tecnicismo e un'abilità non da poco. Dark souls II infatti introduce un nuovo sistema che comprende la riduzione della barra vitale a seguito di ogni morte, il teletrasporto tra i vari checkpoint sin dall'inizio della partita e un mondo di gioco immenso, costellato da una miriade di bossfight e di un armamentario non da poco, potenziabili con vari danni elementali -che possono essere utilizzati anche contemporaneamente ai vari buff ottenibili nell'esperienza- e dalla possibilità del tanto acclamato "dual wielding" la capacità di poter utilizzare due armi con un moveset unico.

 Bisogna tuttavia precisare sin da subito che emerge un'evidente pecca relativa ai moveset delle armi prese singolarmente, troppo poco variegate e unificate per tipologie, togliendo una più profonda caratterizzazione tra armi della stessa tipologia, dotate nel titolo precedente di moveset unici da adoperare in base al proprio stile di gioco e alla necessità del momento. Un'altra caratteristica che riguarda il combact system è indubbiamente in direct hit, ossia la capacità di infliggere danno in base a come l'arma colpisce il bersaglio; questa aggiunta al sistema di combattimento spesso complica in maniera esasperante l'attacco, agevolando inevitabilmente certi tipi di armi rispetto ad altre, e quindi riducendo quelle che sono le possibilità di nuovi stili di gioco a favore dell'ottimizzazione del danno, che per classi come spade e spadoni è a livelli massimi, portando il giocatore medio a sceglierle per avere "la vita facile" in game. Per ultimi, ma non meno importanti, vi sono la semplificazione delle bossfight -e in alcuni casi anche copia e incolla di quest'ultime in sezioni avanzate di gioco- e l'input di danno: infatti in questo titolo non vi saranno più boss con azioni complicate da studiare ma al massimo faranno due o tre movimenti d'attacco, ripetuti in serie o in base alla distanza del giocatore.

 Se da un lato questo potrebbe far apparire le bossfight molto semplici e lontane da un classico souls, d'altro canto qualora veniste colpiti il danno sarà esorbitante, con la possibilità molto frequente di essere shottati o bishottati in tempo record. Questa scelta non solo ha reso il combattimento contro i boss molto più frustrante, ma ha anche appiattito l'offerta del gioco stesso, non più basato sul controllo ragionato del proprio personaggio ma sul "quanto danno riesco a fare?". Detto questo, se vi sembra che abbia demolito questo titolo, in realtà il meglio che riesce a offrire Dark Souls II sta tutta nella narrativa, decisamente ispirata, e nelle location utilizzate, sia nel gioco base che nei DLC. Non potrete mai dimenticare luoghi come Il Santuario di Amana, il Castello di Drangleic, Lo Scolo, La Bastiglia o Il Nido del Drago, dotate di un'estetica e un fascino immenso, come neanche il carisma di certi personaggi, la loro storia e il loro declino, e i temi trattati, in bilico tra amore e morte, tra il dovere e il Volere (questa parola la tratteremo prossimamente).

Una storia, a mio avviso, molto più ricca, innovativa e aperta rispetto al suo successore, che in certi punti sbaglia clamorosamente, ma che sa riprendere il tutto con disinvoltura, e che soprattutto non annoia!Un titolo equilibrato quindi? Ancora una volta devo storcere il naso poiché, sì, il titolo è equilibrato adesso, ma non lo è stato al lancio durante il quale ha presentato pecche di bilanciamento troppo gravi, pecche che la From Software ha cercato di scusare tramite l'uscita di una "riedizione" -se possiamo definirla tale- Scholar of First Sin, che aggiunge un nuovo finale e che comprende tutti e tre i DLC, attualmente al prezzo di 29.90 euro. Tale riedizione, disponibile per play station 4 e Xbox One, prevede il bilanciamento e il ricollocamento di bauli e nemici, e l'inserimento di ulteriori oggetti e nuove armi, impossibili da ottenere nella versione base del gioco. Una conferma, insomma, di come vi sia stata una iniziale pigrizia nella rifinitura del gioco, rifinitura che vi è stata successivamente e che, in larga parte, ha suscitato le ire degli utenti, i quali hanno aperto gli occhi di fronte l'incompletezza del titolo al lancio. Non proprio un santarellino come titolo,  che porta il peso delle scelte degli sviluppatori sulle spalle, un peso che spesso offusca la valutazione del titolo, il più obiettivamente possibile. Dark souls II è probabilmente il titolo più "unico" dell'intera trilogia, il più bello esteticamente e il più suggestivo, sia per tematiche trattate che per personaggi. Insomma un titolo che, nelle sue più profonde ombre, sa ravvivare la fiamma.