Quando si
tratta di un titolo come Bloodborne, è molto difficile instaurare una
discussione che possa sinteticamente descriverlo in maniera approfondita senza
tralasciare niente. È come parlare di un’opera d’arte, o di un evento
particolarmente stimolante ed allo stesso tempo traumatico, di profondo impatto
nella tua coscienza che ti sconvolge facendo variare completamente la tua
percezione di tutto ciò che possa essere espresso normalmente attraverso i
comuni concetti qualificativi. Ebbene, Bloodborne è questo, un videogioco
pretenzioso nel suscitare queste emozioni nel videogiocatore – e ci riesce
quasi completamente- ma che lascia una strana sensazione, la voglia di saperne
di più, ancora e ancora, il pensiero fisso che tutto non sia finito, di aver
tralasciato qualcosa, di aver completato solo una piccola fetta dell’immenso
universo plasmato, ancora una volta dalla From Software. Ovviamente trattare
adesso di Bloodborne, a poco tempo dall'uscita di Dark Souls III apparentemente
può sembrare inutile dato che l’attenzione è puntata maggiormente all'ultimo
nato di casa From che concluderà -almeno questo si pensa- il ciclo iniziato con
un altro grande lavoro della software house, Dark Soul (o la serie Souls se si
volesse includere anche Demon Souls).
Tuttavia il mio obiettivo di parlarne
adesso ha un suo significato dato che lo stesso Bloodborne ha segnato un punto
di svolta tra il presente ed il passato dello stesso Dark Souls. I ritmi
incalzanti del gioco, la narrativa- o meglio Lore- ancor più particolarmente
intrecciata, l’estetica e l’elevato senso di decadenza presenti in Bloodborne
sono riproposti in parte in Dark Souls III, offrendo anche a chi non ha giocato
il titolo più oscuro sfornato dalla casa nipponica la possibilità di poter
farsi un’idea di quel che si è lasciato indietro qualora non avesse acquistato
una ps4 e/o il titolo stesso. Ma Bloodborne, e ci tengo a precisarlo, non è un
semplice upgrade della serie Souls, anzi non è minimamente paragonabile a essa
dato che sviluppa un universo completamente diverso affrontando tematiche anche
abbastanza delicate, come la bestialità, il sangue, la follia, l’arroganza, la
bramosia di conoscenza, il Cosmo. Cercando di non approfondire troppo la lore
che comunque rimane un argomento tanto spinoso e delicato quanto affascinante e
stimolante, gli argomenti che ho citato poco sopra a mio parere sono i punti di
discussione più importanti non solo per capire il contesto di gioco e gli
eventi della trama ma anche per riflettere su una tematica che è abbastanza attuale:
la conoscenza, special modo del Sangue, e le ripercussioni che questa può comportare. Infatti, senza
dilungarmi troppo nel narrare gli eventi di gioco -che spiegherò nella sezione
“… Around Bonfire”- il Sangue in Bloodborne, e ancor meglio il Sangue Antico,
sarà il motivo principale del tema essendo non solo il fautore principale degli
eventi che ci coinvolgeranno ma anche l’anima della discussione e riflessione
riguardo esso e tutti i personaggi e nemici che incontreremo. Innanzitutto
bisogna partire da una prima considerazione: il Sangue è sacro; questa
sacralità che spesso viene rimarcata nel gioco non solo è dovuta all'effettiva importanza
che esso ha dato che è capace di guarire rapidamente da ferite e malattie e
rinvigorire il corpo, ma dalla possibilità che questo offre di costituire un
viatico tra il mondo umano e quello “trascendentale” dei Grandi Esseri. Tale
concetto indubbiamente non può essere che un riferimento a quello che è il
concetto del Sangue nelle culture di tutti i popoli e special modo in quella
ebraico cristiana. Infatti nel libro dell’Esodo il sangue che sparge Mosè
dell’agnello è simbolo dell’avvenuta alleanza tra Dio e gli uomini (umani e
Grandi Esseri?), ma questo assume anche connotati decisamente negativi,
specialmente nel libro del Deuteronomio dove, a capitolo 17:11 si dice
“Guardati assolutamente dal mangiare il sangue, perché il sangue è la vita, e
tu non mangerai la vita insieme con la carne”. Decisamente un riferimento molto
netto che Bloodborne vuole fare dato che è tale norma infranta che fa scaturire
la piaga delle belve, trasformando gli uomini in crudeli, ferali assassini
assetati di sangue. Ma questa non è l’unica citazione che questa opera creativa
offre; qui sarà necessario aprire un’altra parentesi perché il tema che affronterò
sarà molto più affascinante del precedente dato che tratterà del mondo onirico
ed in particolare di quello di Lovecraft anche se in modo accennato senza
calarmi nei particolari che magari lascio alla lettura dei vari testi (o in
altre discussioni). Beh sarebbe deleterio non partire dai Grandi Esseri (the
Great Ones) che sono indiscutibilmente il riferimento ai Grandi Antichi
lovecraftiani, con tanto di tentacoli e dimensioni parallele.
Sulla loro
origine si sa poco o niente eccetto che provengono da dimensioni parallele a
quella umana e che non trovano particolare interesse nelle vicende terrene,
sebbene questi siano ben disposti a rispondere alle richieste degli uomini. La
loro esistenza, quindi, è di particolare importanza per tutte le vicende ed il
loro sangue è la chiave di volta ed il pretesto da cui scaturiscono tutte le
vicende che ci accompagneranno per il corso della nostra avventura. La loro
natura, la loro conoscenza, è stata sempre al centro delle ricerche degli
uomini, ed è stata proprio questa smania di ricerca che ha portato all'incrocio
della razza umana con quella “cosmica” dei Grandi Esseri, sviluppando abomini inimmaginabili
a memoria dell’avidità degli uomini a svelare la Verità di fondo, la Verità
Straordinaria. Il nostro personaggio stesso potrà diventare un Grande Essere
attraverso il rituale dei tre terzi cordoni ombelicali, pagando la sua bramosia
di potere perdendo la sua essenza umana, evolvendosi ed allo stesso tempo
rinascendo, quindi ricominciando una nuova vita a scapito della successiva che
verrà rimossa e, dunque, persa per sempre. Così il ciclo sarà destinato a ricominciare, insieme a
nuovi incroci e sacrifici degni dei migliori racconti dello Scrittore di
Providence come Gli Orrori di Dunwich o La
Maschera di Innsmouth dove tra orribili ibridi umani e sette segrete
(potremmo parlare degli scolari di Mensis?) esseri osceni e mostruosi si
rivelano agli occhi degli uomini che, fedeli o meno a queste divinità
oltrecosmiche, finiscono prima o tardi per soccombere alla follia. Ed ecco a
noi l’ultimo tema che ritengo debba essere sviluppato se si volesse parlare di
Bloodborne: cosa è veramente la follia? Trattare questo argomento a prescindere
del gameplay è praticamente inutile dato che la prima base per specularne con
dati alla mano è il gameplay stesso. Infatti si può notare benissimo che la
follia ha un particolare effetto sul nostro personaggio dato che al riempimento
di questo status il nostro alterego perderà buona parte della salute (circa 80%).
La barra della follia inoltre viene modificata da quello che è la quantità di
punti intuizione che abbiamo accumulato nel corso di gioco, diminuendo e quindi
riducendo la resistenza a questo malus all’aumentare dei punti intuizione
stessi. Appare evidente che il legame tra follia ed intuizione, nel suo
significato più intrinseco, prende anch'esso spunto dai racconti dello
scrittore di Providence, e forte di un gameplay squisito seguendo lo stile
Souls, offre la possibilità di comprendere cosa accade concretamente al nostro
personaggio e le ripercussioni che può avere sull'intero gioco. Basti pensare
all’intuizione già citata, o meglio insight, che indica la nostra capacità di
avvicinarci alla Verità Straordinaria (la conoscenza degli Antichi in
Lovecraft?), fino ad un limite di 99 punti intuizione che potremmo ottenere per
spenderli nelle disparate possibilità che ci vengono offerte, dall’evocazione
di giocatori di altri mondi fino all'acquisto di oggetti vari. Interessante
come la cosa che salta all'occhio quando otteniamo il massimo di punti
intuizione non è solo, come ho detto prima, che la barra di resistenza alla
follia ed alla bestialità diminuisce, ma ci indica la progressione che il
nostro personaggio sta compiendo per elevarsi ad essere cosmico tramite la
capacità di poter vedere i Grandi Esseri Amygdala senza che il rituale della
luna rossa venga rivelato (rivelandolo sostanzialmente prima della progressione
normale di gioco) ed il poter udire -anche se ad un livello audio molto infimo-
il pianto di un bambino Grande Essere, Mergo, che sarà il nostro boss finale (o
quasi). Un indizio del fatto che i punti intuizione ci elevino a pensieri superiori
al piano umano viene dato dalla descrizione di un oggetto fondamentale, i
sedativi, che recita: “medicina liquida
prodotta a Byrgenwerth. Coloro che si inoltrano nell’arcano soccombono troppo
facilmente alla follia, ed il sangue umano denso serve a calmare i fragili
nervi delle menti più curiose. Naturalmente questo comporta la dipendenza dal
ministero del sangue.” Forse questa è la migliore delle possibili
spiegazioni che concretizzano la nostra conoscenza riguardo la follia e
l’intuizione, le due facce della medaglia che legano l’uomo al raggiungimento
della Verità Straordinaria ed allo stesso tempo lo allontano quasi per un senso
di autoconservazione della specie dato che l’essere umano non ha possibilità di
contenere dentro di sé un potere così immenso. Ma la domanda sorge spontanea: è
bene che l’uomo rimanga sulla sua placida barchetta in mezzo al cosmo,
radicandosi alla sua umanità, o perdere quest’ultima in favore di un’evoluzione
che comunque comporterà la perdita della propria coscienza, di sé in quanto
individuo? Forse solo i folli conoscono la verità a questa domanda.
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