Merlin, per l'appunto, è una serie tv, prodotta dalla BBC, che ricalca la storia di Merlino, interpretato da un carismatico Colin Morgan, durante la sua giovinezza, e di come si sia messo al servizio del giovane principe, e poi re, Artù, interpretato da James Bradley. La Serie, composta da cinque stagioni e suddivisa in tredici episodi per stagione, racconta in maniera differente -ma non per questo meno intrigante- le origini di Merlino, i suoi poteri e la sua forza, e i suoi legami affettivi, dalla madre fino al medico di corte Gaius, da Ginevra ad Artù. In particolare con quest'ultimo creerà un legame unico, fatto di battute ironiche e scherzi, ma anche di sguardi d'intesa, complicità, affetto, in particolar modo nei momenti più difficili e apparentemente insuperabili. Le cose saranno tuttavia complicate dalla necessità di Merlino di nascondere la sua natura magica per via della volontà di Uther, padre di Artù e re di Camelot, di sopprimere ogni creatura dotata di magia in quanto incline alla violenza e al male. Tale doppia identità comunque non impedirà il nostro mago di aiutare il suo principe contro i più svariati nemici (a volte mettendo seriamente in pericolo il suo segreto), da Nimue a Morgause, fino alla tanto temuta Morgana, interpretata da una fantastica Katie McGrath, inizialmente benevola e accolta alla corte di Uther come sua protetta, per poi scoprirsi essere non solo una strega potente ma anche la figlia del sovrano. Questa inizierà a tramare contro Uther stesso, avvelenata dalle parole d'astio di Morgause, fino alla completa follia, la quale sfocerà nell'odio incondizionato contro l'intera Camelot. Quasi d'obbligo specificare come l'intera serie si sviluppi in un continuo di vicende, a volte ilari e giocose, altre volte intrise di una vena quasi shakespeariana, e una direzione artistica fenomenale, capace di inquadrare immense vallate, montagne innevate e laghi profondi persi in un blu mistico di un cielo lontano e ormai perduto. La recitazione è ad alti livelli, tutto grazie alla capacità particolare di Morgan di saper recitare più soggetti (più di una volta Merlino cambierà "forma"). Forse l'unica pecca della serie è la velocità con cui si conclude, con delle stagioni (1-2-3) molto lente per poi avere una quarta e una quinta fin troppo veloci che potrebbero far perdere il filo ai meno attenti, e che avrebbero potuto meritare di più in termini di narrativa e caratterizzazione dei personaggi. Il finale a tratti si rivela traumatico, a tratti poco piacevole, questo sempre derivante dalla bravura degli attori di esser riusciti a far empatizzare al pubblico dei personaggi meravigliosi, pieni di un carisma immenso; quello che ne consegue è un trauma profondo derivante dalla separazione dalla serie e da quei personaggi che riescono a far sognare sempre, e che suscita rabbia ma anche speranza, speranza di ritrovare Artù, un giorno, a difesa della Camelot dei nostri cuori, e lì, sempre al suo fianco il fidato e inseparabile Merlino. Ma alla fine merita questa serie, no? Eccome! Molto spesso tendiamo a banalizzare sentimenti come l'amicizia, al giorno d'oggi forse fin troppo trascurata; questa serie invece la porta avanti quasi con ironia, VUOLE mettere in risalto la diversità, il problema dell'accettazione, e riesce nell'intento portando dei personaggi che, per quanto diversi, per quanto opposti, per quanto tecnicamente "nemici", sanno cogliere l'attimo unico di un sorriso, sorriso che diventa un unico sguardo complice nelle difficoltà più insormontabili. Questo è Merlin.
Shadows Around Bonfire
sabato 25 febbraio 2017
Merlin is my friend (Parliamone...)
Che si tratti di mito o leggenda, di tradizione orale o di opere letterarie, decisamente la figura di Re Artù è stata una delle più ispirate e suggestive, ricettacolo di ogni forma di virtù cavalleresca e cortese, iconica nella mente dei popoli ed emulata nel corso della storia da sovrani e condottieri, tutti ammaliati dalla figura del leggendario sovrano di Camelot. Questo, brandendo la sua fidata excalibur e accompagnato dal suo fedele consigliere -e mago- Merlino, è riuscito ad affrontare innumerevoli difficoltà, dimostrando coraggio, lealtà verso il suo popolo e un minimo di scaltrezza. Ma oggi non siamo qui per parlare tanto di lui, quanto del già citato Merlino; ci sorprenderà immaginarlo con il volto di un ragazzo, occhi vispi ma profondi e una risata vivace e sempre allegra, decisamente l'opposto dell'immaginario popolare del vecchio con la barba bianca e incurvato sul proprio bastone; una storia diversa dunque, che ammette personaggi diversi, provvisti di un carisma unico e travolgente, tutto sotto forma di una serie tv che sa raccontarsi e sa farsi amare, sempre.
Shadows... Dark Souls II sottovalutato: originalità pigra?
Ultimamente parlando della serie souls, il titolo che spicca più di tutti è sicuramente Dark Souls III sia per critica sia per accoglienza del pubblico, un titolo che a livello narrativo ha saputo offrire molto ma che, come qualsiasi titolo, presenta delle pecche che per certi versi non lo rendono così innovativo come quello che adesso andremo a trattare. Infatti Dark Souls 2, per molti considerato la pecora nera della trilogia, ha saputo innovare molto, offrendo nuove possibilità, scombussolando alcuni equilibri, e in certi punti anche semplificando un gameplay che, nel primo capitolo, vantava un tecnicismo e un'abilità non da poco. Dark souls II infatti introduce un nuovo sistema che comprende la riduzione della barra vitale a seguito di ogni morte, il teletrasporto tra i vari checkpoint sin dall'inizio della partita e un mondo di gioco immenso, costellato da una miriade di bossfight e di un armamentario non da poco, potenziabili con vari danni elementali -che possono essere utilizzati anche contemporaneamente ai vari buff ottenibili nell'esperienza- e dalla possibilità del tanto acclamato "dual wielding" la capacità di poter utilizzare due armi con un moveset unico.
Bisogna tuttavia precisare sin da subito che emerge un'evidente pecca relativa ai moveset delle armi prese singolarmente, troppo poco variegate e unificate per tipologie, togliendo una più profonda caratterizzazione tra armi della stessa tipologia, dotate nel titolo precedente di moveset unici da adoperare in base al proprio stile di gioco e alla necessità del momento. Un'altra caratteristica che riguarda il combact system è indubbiamente in direct hit, ossia la capacità di infliggere danno in base a come l'arma colpisce il bersaglio; questa aggiunta al sistema di combattimento spesso complica in maniera esasperante l'attacco, agevolando inevitabilmente certi tipi di armi rispetto ad altre, e quindi riducendo quelle che sono le possibilità di nuovi stili di gioco a favore dell'ottimizzazione del danno, che per classi come spade e spadoni è a livelli massimi, portando il giocatore medio a sceglierle per avere "la vita facile" in game. Per ultimi, ma non meno importanti, vi sono la semplificazione delle bossfight -e in alcuni casi anche copia e incolla di quest'ultime in sezioni avanzate di gioco- e l'input di danno: infatti in questo titolo non vi saranno più boss con azioni complicate da studiare ma al massimo faranno due o tre movimenti d'attacco, ripetuti in serie o in base alla distanza del giocatore.
Se da un lato questo potrebbe far apparire le bossfight molto semplici e lontane da un classico souls, d'altro canto qualora veniste colpiti il danno sarà esorbitante, con la possibilità molto frequente di essere shottati o bishottati in tempo record. Questa scelta non solo ha reso il combattimento contro i boss molto più frustrante, ma ha anche appiattito l'offerta del gioco stesso, non più basato sul controllo ragionato del proprio personaggio ma sul "quanto danno riesco a fare?". Detto questo, se vi sembra che abbia demolito questo titolo, in realtà il meglio che riesce a offrire Dark Souls II sta tutta nella narrativa, decisamente ispirata, e nelle location utilizzate, sia nel gioco base che nei DLC. Non potrete mai dimenticare luoghi come Il Santuario di Amana, il Castello di Drangleic, Lo Scolo, La Bastiglia o Il Nido del Drago, dotate di un'estetica e un fascino immenso, come neanche il carisma di certi personaggi, la loro storia e il loro declino, e i temi trattati, in bilico tra amore e morte, tra il dovere e il Volere (questa parola la tratteremo prossimamente).
Una storia, a mio avviso, molto più ricca, innovativa e aperta rispetto al suo successore, che in certi punti sbaglia clamorosamente, ma che sa riprendere il tutto con disinvoltura, e che soprattutto non annoia!Un titolo equilibrato quindi? Ancora una volta devo storcere il naso poiché, sì, il titolo è equilibrato adesso, ma non lo è stato al lancio durante il quale ha presentato pecche di bilanciamento troppo gravi, pecche che la From Software ha cercato di scusare tramite l'uscita di una "riedizione" -se possiamo definirla tale- Scholar of First Sin, che aggiunge un nuovo finale e che comprende tutti e tre i DLC, attualmente al prezzo di 29.90 euro. Tale riedizione, disponibile per play station 4 e Xbox One, prevede il bilanciamento e il ricollocamento di bauli e nemici, e l'inserimento di ulteriori oggetti e nuove armi, impossibili da ottenere nella versione base del gioco. Una conferma, insomma, di come vi sia stata una iniziale pigrizia nella rifinitura del gioco, rifinitura che vi è stata successivamente e che, in larga parte, ha suscitato le ire degli utenti, i quali hanno aperto gli occhi di fronte l'incompletezza del titolo al lancio. Non proprio un santarellino come titolo, che porta il peso delle scelte degli sviluppatori sulle spalle, un peso che spesso offusca la valutazione del titolo, il più obiettivamente possibile. Dark souls II è probabilmente il titolo più "unico" dell'intera trilogia, il più bello esteticamente e il più suggestivo, sia per tematiche trattate che per personaggi. Insomma un titolo che, nelle sue più profonde ombre, sa ravvivare la fiamma.
Bisogna tuttavia precisare sin da subito che emerge un'evidente pecca relativa ai moveset delle armi prese singolarmente, troppo poco variegate e unificate per tipologie, togliendo una più profonda caratterizzazione tra armi della stessa tipologia, dotate nel titolo precedente di moveset unici da adoperare in base al proprio stile di gioco e alla necessità del momento. Un'altra caratteristica che riguarda il combact system è indubbiamente in direct hit, ossia la capacità di infliggere danno in base a come l'arma colpisce il bersaglio; questa aggiunta al sistema di combattimento spesso complica in maniera esasperante l'attacco, agevolando inevitabilmente certi tipi di armi rispetto ad altre, e quindi riducendo quelle che sono le possibilità di nuovi stili di gioco a favore dell'ottimizzazione del danno, che per classi come spade e spadoni è a livelli massimi, portando il giocatore medio a sceglierle per avere "la vita facile" in game. Per ultimi, ma non meno importanti, vi sono la semplificazione delle bossfight -e in alcuni casi anche copia e incolla di quest'ultime in sezioni avanzate di gioco- e l'input di danno: infatti in questo titolo non vi saranno più boss con azioni complicate da studiare ma al massimo faranno due o tre movimenti d'attacco, ripetuti in serie o in base alla distanza del giocatore.
Se da un lato questo potrebbe far apparire le bossfight molto semplici e lontane da un classico souls, d'altro canto qualora veniste colpiti il danno sarà esorbitante, con la possibilità molto frequente di essere shottati o bishottati in tempo record. Questa scelta non solo ha reso il combattimento contro i boss molto più frustrante, ma ha anche appiattito l'offerta del gioco stesso, non più basato sul controllo ragionato del proprio personaggio ma sul "quanto danno riesco a fare?". Detto questo, se vi sembra che abbia demolito questo titolo, in realtà il meglio che riesce a offrire Dark Souls II sta tutta nella narrativa, decisamente ispirata, e nelle location utilizzate, sia nel gioco base che nei DLC. Non potrete mai dimenticare luoghi come Il Santuario di Amana, il Castello di Drangleic, Lo Scolo, La Bastiglia o Il Nido del Drago, dotate di un'estetica e un fascino immenso, come neanche il carisma di certi personaggi, la loro storia e il loro declino, e i temi trattati, in bilico tra amore e morte, tra il dovere e il Volere (questa parola la tratteremo prossimamente).
Una storia, a mio avviso, molto più ricca, innovativa e aperta rispetto al suo successore, che in certi punti sbaglia clamorosamente, ma che sa riprendere il tutto con disinvoltura, e che soprattutto non annoia!Un titolo equilibrato quindi? Ancora una volta devo storcere il naso poiché, sì, il titolo è equilibrato adesso, ma non lo è stato al lancio durante il quale ha presentato pecche di bilanciamento troppo gravi, pecche che la From Software ha cercato di scusare tramite l'uscita di una "riedizione" -se possiamo definirla tale- Scholar of First Sin, che aggiunge un nuovo finale e che comprende tutti e tre i DLC, attualmente al prezzo di 29.90 euro. Tale riedizione, disponibile per play station 4 e Xbox One, prevede il bilanciamento e il ricollocamento di bauli e nemici, e l'inserimento di ulteriori oggetti e nuove armi, impossibili da ottenere nella versione base del gioco. Una conferma, insomma, di come vi sia stata una iniziale pigrizia nella rifinitura del gioco, rifinitura che vi è stata successivamente e che, in larga parte, ha suscitato le ire degli utenti, i quali hanno aperto gli occhi di fronte l'incompletezza del titolo al lancio. Non proprio un santarellino come titolo, che porta il peso delle scelte degli sviluppatori sulle spalle, un peso che spesso offusca la valutazione del titolo, il più obiettivamente possibile. Dark souls II è probabilmente il titolo più "unico" dell'intera trilogia, il più bello esteticamente e il più suggestivo, sia per tematiche trattate che per personaggi. Insomma un titolo che, nelle sue più profonde ombre, sa ravvivare la fiamma.
martedì 9 agosto 2016
... Around Bonfire - Bloodborne Lore (Part IV) La Notte Rossa
Non
avevo compreso a pieno la sua grandezza, il suo disegno, la sua
pericolosità. Ero semplicemente terrorizzato, consapevole
dell’inferno che Micolash aveva scatenato sulla nostra città.
Forse questo grande terrore derivava proprio dalla consapevolezza, la
consapevolezza di far parte di quel piano diabolico. Non escludo le
mie colpe, la mia sfrenata ambizione, il mio immondo desiderio di
possedere la Verità, la conoscenza del Cosmo, il potere di quegli
Esseri, ma forse proprio quel briciolo di umanità che era nascosto
in mezzo a tutta quella bramosia, improvvisamente come un’esplosione
stellare mi ha aperto gli occhi su quel che stavamo facendo, qualcosa
di terribilmente sbagliato e contronatura. Avevamo agito solo nel
nostro interesse, abbiamo lasciato indietro coloro che veramente
amavamo, io ho abbandonato il mio amore, la gioia che avevo avuto la
fortuna di incontrare; ho trascurato la mia vita, recluso nella mia
officina a costruire armi efficaci per la Chiesa, allenando i nuovi
cacciatori nel tentativo di arginare la piaga. Nulla di più inutile,
a mio avviso. Con la consapevolezza di adesso, solo uno in mezzo a
loro può essere considerato degno di questo titolo… ma il suo
destino non sarà cacciare esclusivamente le belve. No, non sarà
questo il suo destino, ma qualcosa di molto più profondo, più
oscuro, e più controverso che mai nessuna scienza potrà spiegare,
nessuna magia, nessuna tra le arti dei mortali. Ma adesso sono qui,
su questa malridotta sedia a rotelle, a raccontare a te mio povero
costrutto, mia povera automa che tanto ricordi il mio lontano amore,
la storia di quel che accadde negli ultimi istanti prima che la Luna
Rossa troneggiasse sulle nostre teste e l’ordine venisse
sovvertito.
Gherman nell'officina del sogno |
Un tempo io fui Gherman, uno tra i più grandi cacciatori
della Chiesa della Cura, capo dell’Officina, ex allievo della
scuola di Byrgenwerth e… amante della mia giovane allieva, Lady
Maria. Il mio compito era fornire armi alla Chiesa, nuovi Cacciatori
e al più possibile informazioni riguardo alle scoperte condotte nei
sotterranei Ptumeriani da parte di Ludwig, il capo delle lame sacre,
antico ordine di cavalieri ormai ridotto all’inutile rappresentanza
della nobiltà Yharnamita in cerca di sempre più privilegi da parte
della Chiesa della Cura. La mia vita, malgrado fosse sempre
all’insegna della fatica e della ricerca, non era particolarmente
ostica né mi impediva di godere delle piccole gioie insieme alla mia
compagna. Tuttavia mai il mio dovere veniva meno nei confronti della
missione che perseguivo con tanta insistenza, e per quanto le mie ore
passate nei bui anfratti di quelle tombe viventi piano piano
scavassero all’interno della mia anima un abisso oscuro e
insondabile, non mostro disgusto nel dire che tutto ciò per me era
alquanto affascinante, provando adorazione nell’inoltrarmi nei
malati e contorti anfratti delle tombe Pthumeriane. Mai scorderò la
prima volta che vi misi piede, la paura ed il disgusto davanti a
quelle creature ormai svilite di ogni concetto di umano e terreno,
miseri automi putrescenti guidati dalla volontà di creature oscene,
incubi ancestrali la cui aura malefica intasava ogni singola
ricezione sensoriale riguardo la realtà. Quando per la prima volta
vidi Ebrietas quasi l’estasi mi colse, un’assurda attrazione ai
limiti dell’impulso carnale e della turba mentale, un groviglio di
impulsi nervosi, fisici e spirituali che solo una visione così
orribilmente estatica può indurre. Davanti a lei subito ci mettemmo
in ginocchio, benedicendo quel groviglio innaturale di arti scomposti
- o tentacoli, nessuno riuscì mai a capirlo – pregni di un liquido
vischioso dall’odore acre, quasi ricordando quello dei molluschi
spiaggiati che con il tempo si decompongono senza che nessuno possa
nutrirsi. Dopo attimi di tremenda religiosità contornata da un
mefitico silenzio privo di pace, mastro Willem si volse verso di noi
intimando di lasciare quel luogo sacro e tornare in superficie.
Laurence si oppose, rompendo il sacro silenzio con forza, affermando
quanto potente sarebbe stato studiare quella creatura per scoprire
altro sull’Ascensione. A quella parola il cuore di molti si accese
dell’assurda arroganza della potenza, ed anche io, il più dubbioso
degli scolari di quel tempo eppure colui che più di tutti aveva
sperimentato l’estasi della visione di un Grande Essere – cosa
che in seguito mi fu detto essere una predisposizione naturale
all’Intuizione del Cosmo – mi infiammai a quell’allettante
proposta di elevazione. Quello fu l’inizio della nascita della
Chiesa della Cura, e Laurence ne fu felice quando decisi pure io di
entrarne a far parte. Da quel momento iniziò la mia vita
nell’officina della Chiesa; grazie alla conoscenza di un antico
metallo ritrovato nelle catacombe Pthumeriane, chiamato Siderite,
riuscì a produrre un numero, seppur limitato, di armi dai poteri
devastanti, capaci non solo di fermare quella che in seguito sarebbe
stata la Piaga Delle Belve ma anche, e forse soprattutto, chi si
opponeva apertamente alle mire della Chiesa. In questo modo nacque
l’ordine degli Assassini capeggiato da Brador il quale, nell’ombra,
cacciava uomini che in fondo avevano capito cosa in realtà la Chiesa
stava cercando di fare; sperimentare sulla popolazione un modo per
raggiungere l’Ascensione. In questo modo iniziò il periodo più
oscuro della mi vita, ed io ne ero entusiasta, cieco al tempo a
qualsiasi forma compassione umana, anche se rispetto a molti altri,
non mi aveva abbandonata definitivamente. La mia compagna mi
ricordava quel che significasse essere umani, con tutti i pro ed i
contro, la debolezza ma anche la forza che può scaturire dell’unione
sincera tra due persone. Ed anche adesso, malgrado sia bloccato in
questa prigione che si beffa della mia vita, quando quell’abominio
mi concede di sognare, ricordo sempre la mia dolce Maria, quel
frammento di umanità ormai troppo lontano per essere raggiunto.
Sognare, che parola così fuori luogo qui, meglio dire incubo ma, se
lo fosse, chi vi entrasse se ne accorgerebbe subito. No, la creatura
è furba in questo, non si farebbe mai accorgere di una cosa del
genere, è attenta ai minimi dettagli. Ma perché non parlare di lui,
o di quel che penso aver capito di quell’essere - per quanto il
limite tra coscienza e follia sia molto sottile quando ci si addentra
in un arcano così profondo? Quando aprimmo i calici Pthumeriani
qualcosa, lesto come il vento, vi uscì immediatamente, ma non
sapemmo mai cosa fosse: puzzava di antico e immondo, ed era
insistente l’idea in noi di aver commesso un errore imperdonabile.
Ma subito non ci pensammo, presi dalle nostre vanagloriose missioni.
Poi quando venne il momento lei si palesò: quando l’orrore toccò
la nostra terra con arti oscenamente protesi verso la luna e i
gorgoglii senza senso di folli creature riecheggiò nel silenzio
delle strade del Villaggio Invisibile ormai prive di vita mentre,
come unici spettatori, rimanevano immobili i fossili degli abitanti
ormai fusi nelle pareti dei gloriosi edifici che tanto avevano
costruito grazie all’ausilio della forza del Sangue, lei mosse il
suo sguardo verso l’avanzata di Mergo su questo piano, richiamato
dal terribile rituale di Micolash per dare nuova vita all’Orfano di
Kos – che prese il nome di Rinato – attratta dall’energia di
quell’evento, così simile a quel che avvenne in ere ancestrali,
quando l’uomo ancora non bramava il potere ma lo temeva e riveriva.
Così avvenne che la sua ascesa destabilizzò così tanto il tessuto
della realtà che il tempo stesso su Yharnam fu completamente
distorto e la notte divenne eterna, mentre la luna, ora tinta di
rosso sanguigno, si beffava della stupidità dell’uomo che tanto
desiderava, e continua a desiderare il potere. Ma l’orrore venne
subito dopo: la gente iniziava ad trasformarsi in belve senza
assumere il Sangue Curativo, e chi resisteva, in particolare le
donne, venivano prese da una turba mentale che le faceva sperimentare
estasi e follia, e alcune… alcune rimanevano incinte senza
apparente motivo! Il disgusto mi pervase passando tra quei derelitti,
smembrando quei poveri innocenti ormai presi dal delirio e dalla
brutalità della Piaga, e noi cacciatori stavamo perdendo le speranze
verso l’orrore che, anche noi, avevamo contribuito a portare su
questa terra. La nostra missione perse di significato, molti
cercarono di resistere, altri fuggirono, inutilmente, dalla città;
nessuno infatti poteva più uscire, l’inferno era sceso su questa
terra, come ai tempi delle fiamme divoratrici di Old Yharnam. Finché
un giorno tentammo l’impossibile: utilizzare quel Simile del Cosmo
che Mastro Willem aveva creato - credo si chiamasse Rom - per tentare
di fermare il potere di quella luna; tramite alcune ricerche che
avevamo condotto tempo fa nei labirinti, scoprimmo, oltre alla
neutralità di certi Grandi Esseri, anche l’avversione di alcuni di
loro nel farsi comandare da altri, specialmente quando i piani di
esistenza si sovrapponevano, come in questo caso. Willem era ancora
vivo, o sufficientemente sano di mente per poterci aiutare allora, e
il suo fu un sacrificio immenso: per poter comunicare e ordinare ad
un Simile del Cosmo – ossia un Grande Essere minore – di
sottostare alla volontà di un inferiore, bisogna sacrificare la
propria sanità mentale, accumulando il più alto grado di Intuizione
del Cosmo possibile per un uomo. Ma prima di andare incontro al
proprio destino, non scorderò mai le parole del mio ex Maestro
mentre, con mano tremante, avanzava verso di me quell’immondo
oggetto di conoscenza arcana: <<Usa i cordoni dell’occhio per
avvicinarti alla creatura e uccidila così da spezzare il giogo su di
noi>>. Così mi fu tutto chiaro nel tumultuoso marasma di
emozioni che mi turbinavano dentro, e un’illusoria speranza mi
pervase, speranza che non fu destinata a durare a lungo. Da lì a
poco scoprimmo che, malgrado gli effetti della luna si fossero
attenuati e la gente non continuasse più a trasformarsi, adesso
coloro che destavano più preoccupazione erano i cacciatori stessi: i
loro occhi iniziarono ad iniettarsi di sangue, la loro violenza
aumentò a dismisura e, anche se non dimostravano evidenti sintomi di
trasformazione, la loro mente era ormai contorta come quella di una
bestia. Fu così che morì la mia amata, nei pressi della nostra
officina mentre stavamo preparando il rituale per contrastare il
Grande Essere della Luna. Un’orda di quei cacciatori ci prese alla
sprovvista dopo aver recuperato un altro di quel cordone maligno; la
vidi cadere a terra, con quell’oggetto in mano, trapassata da una
sciabola, mentre mi guardava, i suoi occhi fissi su di me, i miei sui
suoi che a poco a poco perdevano di lucentezza per fare posto ad un
vitreo sguardo senz’anima.
Lady Maria |
Li sterminai tutti, facendoli a pezzi,
rendendoli irriconoscibili persino ai folli che non avrebbero mai
visto niente di terreno in quel ammasso di carne senza criterio,
nemmeno la più vaga idea di umano. In questi momenti dovrebbero
essere versate lacrime amare e talmente pesanti da scavare baratri di
oscurità nel cuore di un uomo; ebbene non fu così, non vi fu spazio
nemmeno per una goccia di sudore d’innanzi alla carneficina della
rabbia, del dolore e della tenebra che, all’interno della mia
anima, si faceva largo con la subdola e concreta idea della
disperazione. Non potevo lontanamente immaginare quanto sarebbe stata
enorme questa disperazione in seguito. Dopo averla sepolta e aver
scolpito una lapide a sua memoria, stremato dall’orrore che ormai
aveva sostituito il sangue pulsante nelle mie vene, presi il
misterioso oggetto che il maestro mi aveva consegnato prima di
perdersi nei recessi della sua mente martoriata, e lo scrutai; sentii
freddo, una strana sensazione di viscido e bagnato, l’odore
salmastro del mare, un mare buio tuttavia, senza alcun cielo azzurro
sopra di esso tale da potergli dare colore. Nelle mie orecchie
sentivo il gocciolare di piccoli cristalli d’acqua che trafiggevano
in maniera assordante una pozza, tutto intorno a me nessun paesaggio,
reale o surreale, solo una penombra inerte, senza forma, silenziosa;
un confortante panorama, tranquillo, permeato di pace, la stessa pace
della tomba. Credevo fossi morto, perso per sempre, e ne fui felice:
potevo godere di quella tranquillità dopo aver visto l’orrore di
quei giorni. Tuttavia reputai che tutta quella pace non poteva essere
meritata, che per quel che commisi in vita nessun paradiso poteva
attendermi. E subito mi accorsi di essere sommerso da un’enorme
massa d’acqua, buia, fredda, soffocante, che mi entrava nelle
narici, nella gola, dentro l’anima. Ogni anfratto della mia
esistenza era ricolmo di quella specie di liquido che ricordava molto
quello amniotico, ed inutile era il dimenarmi in quella tomba d’acqua
poiché piano piano ogni mio movimento veniva inibito e lo sfinimento
prendeva il posto dello sforzo frenetico dell’opporre resistenza a
quella forza invisibile ma tangibile. Ben presto il torpore mi
assalì, e di nuovo caddi nel sonno, un sonno cosciente tuttavia,
come se da lontano rivedessi tutta la mia vita. Ogni istante era
precisamente scandito, e dopo l’ultimo, ove rivedevo gli occhi
della mia amata e lo scempio che feci dei cadaveri dei nostri
aguzzini, mi risvegliai nell’Officina. Ero disteso sul pavimento in
legno, tutto era in ordine, anzi, l’ambiente sembrava molto più
luminoso come se fosse sorto il sole. Cercai di alzarmi ma non ci
riuscii, avevo perso completamente la sensibilità alle gambe, una
sensazione orrenda, di inutilità, di pesantezza, un’orribile
situazione a cui risposi con un’infantile richiesta d’aiuto,
gridando come tutte le mie forze affinché venisse qualcuno in mio
soccorso. Ed ecco che giunse l’incubo: vidi la mia amata, il suo
sguardo vitreo come l’ultima volta che la lasciai, il colorito
delle sue gote di un bianco cadaverico, le sue mani gelide, come
uscite direttamente dalla più fredda delle tombe, che mi alzavano
con estrema facilità mentre mi riponevano su una sedia a rotelle.
L'Automa, surrogato di Maria |
Era un abominio, un abominio tale da instillare un pianto disperato,
il pianto di una perdita ancora più atroce della morte. Sapevo che
la Creatura era lì, sapevo che mi stava spiando, divertendosi di
come era riuscita a farmi disperare, di come mi aveva ridotto, un
paraplegico incapace di combattere. Uscii fuori dall’officina e
vidi il cielo illuminato dalla luna; la luce di quell’astro così
finto sembrava potente quanto quella del sole, anche se era incapace
di diradare la nebbia intorno al luogo in cui mi trovavo. La nebbia
avvolgeva qualsiasi cosa che un tempo reputavo familiare: i gradini
che portavano a cancello principale, gli spazzi di vegetazione che
tanto amavo curare, persino la lapide che avevo eretto per la mia
amata, per quanto la sua perfetta riproduzione mi stesse accanto a
monito per non smettere di disperarmi. E poi la vidi scendere
dall’astro: era lei, la deformità in carne ed ossa – per quanto
quel groviglio di pelle viscida e untuosa possa definirsi carne –
un osceno groviglio di arti e tentacoli, privo di volto e di
qualsiasi naturalezza, l’aborto vivente di ogni concezione di
ordine e disciplina, l’antitesi del disgusto verso la vita e
l’origine della pazzia. La scrutai, o quantomeno tentai di non
abbassare lo sguardo nei confronti di quell’orrore, mentre l’automa
che mi stava accanto, incarnazione parodistica di ciò che un tempo
amavo, quasi ipnotizzata da quell’essere sembrava comprenderlo. La
Creatura era immobile di fronte a noi senza emettere il benché
minimo suono, e quasi tutto i paesaggio intorno a noi sembrava muto,
privato di qualunque rumore; pure i miei pensieri tacevano, e per
quanto mi sforzassi di pensare non ci riuscivo, non tanto per
incapacità mia nel formulare una riflessione in quel momento quanto
per una forza esterna che mi impediva di emettere qualsiasi
ragionamento, una costrizione orrenda che ogni volta vivo quando si
presenta innanzi.
La Presenza della Luna |
Gli attimi sembravano infiniti fino a quando la
nebbia si alzò e lei svanì, dissolta nell’aria. Sembrava tutto
finito, e forse avrei avuto un attimo di tregua se l’essere che mi
stava accanto iniziò a parlare con quella voce che ero solito
ascoltare nei momenti più intimi e ricolmi di gioia, ma che adesso
udivo in un momento ricolmo solo di tragedia e nichilismo.
<<Dovrai
addestrare tanti cacciatori che tu stesso porterai nel nostro piano
per nutrire il mio signore>>. Dunque era la verità, ormai ero
schiavo di un Grande Essere, il mio tentativo di distruggerlo era
andato in fumo decretando la fine della mia gente. <<Perché un
giorno ne verrà uno che la ucciderà e tu dovrai fermarlo.>>.
Queste le sue ultime parole prima di piombare inanimata per terra.
Iniziai a tremare, il mio corpo si agitava privato del mio controllo,
o di quello che ne rimaneva. Prontamente mi alzai dalla sedia ed
iniziai a camminare, ma non sentivo niente, né avevo dato nessun
comando al mio corpo. <<Che cosa sei diventato Gherman?>>
dissi a me stesso, incredulo a quel che stava avvenendo. Una voce
rispose nella mia testa, una voce fuori posto.
<<La
Presenza della Luna, senza nome>>. Così caddi nell’ombra.
Omaggio di fine Tetralogia |
Custos Cinerium
domenica 17 luglio 2016
...Around Bonfire - Bloodborne Lore (Part III) La Rinascita
Tutti i miei studi, tutte le mie ricerche, tutta la mia vita! Oh che
follia, oh che dolce agonia su questa culla di conoscenza, fonte di grazia per
gli occhi dell’anima! Sì… oh sì, sto acquistando la vista, ma ancora manca
molto, mi servono altri occhi, altri rituali, e tanto Sangue! Che gioia, che
tremenda euforia mi pervade, e tutto ciò si è presentato a me, il più grande
allievo della scuola di Byrgenwerth, colui che mastro Willem amava al pari di
Laurence, il più dotto tra gli studiosi delle remote conoscenze sugli Antichi; Io, Micolash, rettore della scuola di Mensis, supervisore del Coro e
dell’orfanotrofio, io, detentore di tutti i segreti di questo lurido pezzo di
terra ormai perduto.
Io, colui che è entrato a conoscenza di ogni cosa, che ha
scrutato nel fondo dell’abisso trovando la luce dell’evoluzione, il miracolo
della potenza. Io, ormai perduto in quest’incubo, sono diventato la culla per
un essere meravigliosamente orripilante, una coscienza destata dalla sua
infernale tana che, desiderosa di crescere come un bambino, ha trovato ristoro
nella mia testa. Io so cosa è Lui, uno di Loro, conosciuti volgarmente come
Grandi Esseri, creature astrali dai poteri divini, abitatori di Incubi cosmici,
realtà sovrapposte alla nostra dove regna il Nulla Amorfo, Oedon, padre di
questi celestiali abomini, la cui volontà e potenza riecheggia nel Sangue.
Questo è il loro nutrimento, e ne sono desiderosi sempre, fiutandolo come
segugi essendo l’unico mezzo per incanalare la potenza del loro padre; tuttavia
non è questo quello che desiderano dal più profondo della loro putrida essenza,
qualunque cosa di sconcio sia: loro vogliono delle donne, vogliono dei figli.
Immagino che voi miseri plebei di strada non sappiate quanto il gentil sesso
sia potente; la donna può incanalare l’essenza di una vita, può divenire un
portale per mezzo del quale la loro esistenza può essere trasmessa, tramandata,
e continuare a perdurare per sempre. Infatti malgrado la loro quasi onnipotenza
non sono immortali, e possono essere uccisi, il che è un evento raro, ma non
così poco plausibile: l’importante è che non sia qualcuno della loro stessa
razza a farlo. Sembra assurdo, ma queste creature hanno raggiunto il vertice
dell’evoluzione, non possono più progredire, e ciò li rende delle ottime prede
per coloro che aspirano all’evoluzione: noi. Sarò schietto, non è facile
ucciderli: molti ci hanno provato ma inutilmente poiché solo l’Erede può farlo,
una strana creatura; non è un Grande Essere eppure è portatore della volontà di
Oedon, il che fa di lui l’unico a poter uccidere concretamente un altro Grande
Essere per ottenere il suo potere. Molti vedono nella figura dell’Erede i
cacciatori ma – veramente, chi vogliamo prendere in giro – sono uomini gretti e
sudici del sangue delle belve, a malapena riescono a mantenere il controllo
quando si curano con il Sangue, non sono degni di tale appellativo. IO ne sono
degno, SOLO IO, colui che ha avuto il coraggio di richiamare la potenza di
queste creature per elevarsi. NON SAPETE QUANTO ABBIA SACRIFICATO… non potrete
mai saperlo. Eppure sono qui, sull’orlo della follia, nell’intento di rivelarvi
tutto ciò che so, come solo la paura sa fare. Ogni cosa ebbe inizio quando
aprimmo i calici; non sapevamo quello che stavamo facendo, eravamo presi
dall’euforia, dalla brama di conoscere la Verità, l’esistenza del Cosmo, di
realtà estranee alla nostra, di creature oltre ogni immaginazione. Eravamo
talmente presi che quando scoprimmo un Rom ed una Ebrietas - due specie di
Grandi Esseri aventi poteri particolari, il primo soprattutto capace di erigere
barriere temporali – già ne erano fuggiti altri.
Non potemmo fare niente per
impedire tale fuga, quindi studiammo nel silenzio ciò che rimase e, per evitare
che Byrgenwerth potesse essere invasa dai curiosi, la proclamammo zona
proibita. In quel periodo capimmo la potenza del Sangue, il Loro Sangue, ed
iniziammo a sperimentare; per Dio, era possibile per l’uomo evolversi
utilizzando tale sostanza, unita però a particolari reliquie, i cordoni
dell’occhio, antichi cordoni ombelicali ritrovati nelle rovine Pthumeriane
probabilmente appartenuti a giovani Grandi Esseri. Queste reliquie donavano
visioni mistiche oltre il velo dell’illusoria realtà, squarciando l’essenza
dell’utilizzatore e aprendolo alla rinascita in qualcosa di nuovo. In questo
modo ottenemmo un Rom tramite il sacrificio di un’allieva, ma non eravamo
soddisfatti abbastanza, volevamo di più. Grazie alla potenza inebriante del
Sangue riuscimmo a soggiogare la città e i suoi abitanti, dandoci la
possibilità non solo di sperimentare gli effetti della sostanza ma anche di
distrarre l’attenzione dei più verso il vivo dei nostri esperimenti. Molti
ancora oggi ci considerano dei benefattori, soprattutto per aver edificato
l’Orfanotrofio, il centro studi della nascitura Chiesa della Cura, il mio
iniziale regno dove mi occupavo della “produzione” del Sangue Antico; quanti
giovani orfani togliemmo dalle strade, ospitandoli nelle nostre dimore ed istruendoli
con le mie conoscenze. Ben presto li trasformammo tutti, divenendo – come molti
di noi li chiamavano, ovviamente presi da un raptus di idiozia – “Simili del
Cosmo”, i fratelli minori dei Grandi Esseri; che assurdità dato che sono esseri
deboli il cui unico scopo è rifornire la Chiesa del Sangue Curativo e
proteggere il nostro vero tesoro: Ebrietas. Oh, quanto mi dispiacque lasciare
quello straordinario luogo di ricerca. I più invidiosi tra i miei colleghi
affermavano che i miei metodi erano troppo spinti, troppo oscuri per le loro
patetiche menti; che branco di ipocriti: prima come lupi affamati di potere si
lanciano nell’inseguimento della Verità, e poi colti dall’improvviso rimorso cercano
di arretrare, noncuranti che dietro di loro c’è solo il vuoto. Hanno già
dimenticato quel che abbiamo fatto quando sacrificammo un intero villaggio per
poter ottenere un cordone dell’occhio da quel Grande Essere, Kos… o Kosm,
uccidendo il suo bambino appena nato, quell’orrendo obbrobrio a metà tra
l’incubo e la realtà vivente?
Non è più possibile fuggire, la strada di casa è
preclusa; l’evoluzione ammette coraggio! Siete patetici, aborti di un mondo
malsano, e meritate di vivere da insulsi schiavi della volontà dei Padroni, fin
quando i vostri figli, e i figli dei vostri figli non si cuciranno le palpebre
e la loro lingua, impregnata di cenere, non chiederà pietà! Ancora non avete
udito niente, non avete minimamente idea di cosa sia capace di fare, di cosa
sia stato capace di commettere, sacrilegi su sacrilegi, infangando la stessa
razza umana per la vanagloriosa idea dell’elevazione! Sì, perché quello che
feci andò oltre lo stesso tessuto della realtà, infrangendo ogni regola cosmica,
e persino per Loro la mia azione tremenda andò ben oltre ogni aspettativa. Come
dissi, fui ben presto allontanato dalla realtà della Chiesa per i miei studi
arguti, ma le mie idee trovarono il sostegno di molti studenti che, affascinati
dagli arcani segreti del Cosmo, preferirono di gran lunga perseguire i sogni dell’evoluzione
con me come loro maestro piuttosto che ritirarsi in un gretto rimorso come
molti altri fecero; intanto la piaga ogni notte diventava sempre più forte e
molti cacciatori della Chiesa, i Chirurghi, si addentravano tra le vie per
epurare quel bestiale cancro. Non si aspettavano che nell’ombra, oltre ai lupi
vi fossero cose ben peggiori. Iniziammo a catturarli durante le loro battute di
caccia, usando i loro corpi per gli immondi rituali di richiamo, nel tentativo di
portare Loro sul nostro piano di esistenza e carpire i loro segreti. Non
volevamo richiamare però entità “Deboli”, ma qualcosa di più potente, qualcosa
di più Antico che la stessa Chiesa lasciò indietro, credendo di averla
distrutta: il bambino di Kos, l’Orfano. Fin da quando lo vidi disteso su quella
spiaggia, morto sotto i colpi di rozzi sicari della Chiesa, mi si dispiegarono
tante verità: in primo luogo che la realtà degli Incubi più radicati nel Cosmo
deve essere costituita da primordiali “Mari”, distese di liquido amniotico simile
all’acqua che avvicina alla comprensione dell’oltre – in quanto l’acqua è il
più importante costituente del sangue - al cui interno solo i Grandi Esseri più
Antichi possono fluire – ciò fa
assurgere Kos al Grande Essere più antico che finora ci è stato possibile
studiare; in secondo luogo come lo stesso Incubo vari da Grande Essere a Grande
Essere, differenziandosi ma senza svincolarsi del tutto da quello degli altri,
interconnettendosi tramite “Vie di Passaggio” o “Frontiere” qualora uno o più
di queste entità Cosmiche entrino in risonanza; per ultimo, forse la cosa più
significativa e di gran lunga importante, riguardava la peculiarità di Kos di
portare in grembo il proprio figlio. Come ho detto, generalmente queste entità
cercano delle donne umane con cui suggellare un patto: far nascere un loro
figlio in cambio del suo potere; ma probabilmente questa non è stata la loro
pratica fin dall’inizio. Kos probabilmente non essendo mai entrato in contatto
con la nostra razza, ne fu talmente sconvolto da rimanere gravido di un figlio
– uso il maschile, anche se lo intendo come neutro – che, per quanto grottesco,
aveva sembianze umane. Fu un peccato averlo colto nel momento della nascita a
questo mondo, e non aver potuto studiare il suo potere, già immenso al tempo.
Ma non mi scoraggiai, e forte degli studi sui rituali più antichi, fui convinto
di poterlo richiamare. Proprio così, richiamare: sembra un’assurdità poter
anche solo richiamare un’anima dai morti, ma un Grande Essere? Dove vanno
queste creature una volta morte? Non sono mai stato un credente, non ho mai
pregato né mi sono mai chiesto guardando il cielo se esistesse un qualche
angelo che vegliasse sulla mia incolumità; tuttavia, dopo aver visto il vero
inferno su questa terra, un’orrida Verità abominevole che scivola attraverso i
nostri occhi e le nostre orecchie per penetrare le nostre fragili menti, ogni
scetticismo su ciò che sta dopo la morte inevitabilmente crolla miseramente:
non mi addentro in questo mistero poiché già la follia della Verità mi ha
trascinato nel baratro, concedendomi solo un briciolo di consapevole lucidità.
Fatto sta che tentammo di richiamare l’Orfano, e ci riuscimmo ma ad un prezzo
troppo caro: la quasi totalità di coloro che mi seguirono divennero parte del
nuovo corpo dell’essere rinato, una massa informe di organi, e piedi, e mani,
il tutto tenuto insieme da una melma nauseabonda e putrescente il cui funereo
miasma non lasciava scampo a nessuna anima vivente.
Ma questo era solo la punta
di un cataclisma ancora più grande; il rituale ebbe un impatto talmente
devastante che quelli che un tempo erano gli abitanti di Yahar’gul – il
villaggio prescelto per l’evocazione del Grande Essere – si fusero insieme al
cemento delle case, all’asfalto delle strade, in ogni centimetro del paese,
urlanti, disperati, ignari di quel che stava accadendo. Noi preservammo i
nostri corpi, evitando di contaminarci con il grande flusso di potenza che
sgorgava da ricettacolo, usando le Gabbie per ampliare il nostro contatto con
l’entità. Era talmente giovane, quanto talmente forte che ugualmente molti
divennero parte dell’Orfano, ma coloro che rimasero vivi ottennero una
sincronia tale con quella creatura che, quasi come un faro, proiettarono le
loro coscienze illuminando gli strati della realtà. E come un fiume in piena ne
attirarono altri; altri Grandi Esseri accorsero ad assistere a quell’evento
proibito che IO ero riuscito a creare, distruggendo con le mie stesse mani il
tessuto dell’esistenza. Attirammo Mergo, quel che una volta era figlio della
Dama Pthumeriana, il quale trovò le basi per edificare il suo incubo, e con lui
tante altre inumane forme, tutte curiose ed impazienti di attingere a quella
potenza per edificare le loro dimore nella tenebra della pazzia.
E nel mentre i
vari Incubi si univano per distorcere in modo definitivo la realtà, in
quell’istante comparve la Luna Rossa, un essere mai visto traboccante di
oscurità che illuminava di un rosso porpora ciò che rimaneva delle vecchie
strade ormai lastricate da anime urlanti di innocenti, uomini, donne e bambini,
supplicanti pietà per quello strazio. Lì mi accorsi che in verità il mio
rituale rivelò la presenza di un Grande Essere creduto ormai lontano, ma che
invece si nascondeva proprio sopra le nostre teste; era Lei, la Senza Nome, la
Pallida Luna, adesso sanguigna. Inutile dire che tale consapevolezza durò poco,
poiché in pochi istanti divenni la culla di
Mergo, il suo ospite per la costruzione dell'incubo, ed entrai a far parte della realtà parallela da lui creata, in attesa di venir liberato dal
tormento e sparire nella morte. Non provo interesse nel conoscere cosa ci sia
al di là della morte, ma qualunque follia vedrò dopo questa vita, non sarà mai
uguale all’inferno che ho scatenato. Ma adesso, dopo averti rivelato tutti questi segreti... che ne dici di darci gli occhi!
Custos
Micolash |
Rom |
L'Orfano di Kos |
Il Rinato |
Mergo (o meglio la sua "Balia") |
Custos
venerdì 8 luglio 2016
Shadows (Part II) Supernatural (Parliamone)
Parlare di
serie tv non è mai stato così difficile. Seriamente, questa forma di
produzione, che al giorno d’oggi non fatica ad affiancarsi ai buoni e vecchi
films- che ci tengo a precisare rimarranno sempre al top- con prepotenza si
inserisce nelle nostre case, dandoci la possibilità di affacciarci alle nuove
idee che le produzioni vogliono offrire, portando lo sviluppo di un trama “in
serie” che, rispetto alla filmografia classica, presenta un’evoluzione molto
più tangibile, capace anche di perfezionarsi tramite la magia degli ultimi
tempi: l’opinione del pubblico. Ebbene, con le serie tv la produzione si
affaccia al mondo del consumatore, sente la voce del pubblico, vuole opinioni
per migliorarsi e, perché no, aumentare l’audience. So che sembra brutto detto
così ma è la pura verità. La “Condivisione” che adesso noi abbiamo in mano è
capace di alterare il decorso di un’opera creativa, per certi versi migliorandola,
per altri peggiorandola, plasmandola stagione dopo stagione in maniera tale da
creare qualcosa che ci piaccia, che ci stimoli. Effettivamente cosa può esserci
di stimolante se non vedere sullo schermo quel che abbiamo sempre sognato?
Eppure questo potrebbe essere un problema: ciò potrebbe causare lo snaturamento
di un’opera, di una creazione, alienando il produttore in virtù del nostro
commento, della nostra voglia di vedere quel che desideriamo. In questo caso
però ci troviamo davanti qualcosa di diverso, un giusto compromesso tra
l’opinione del pubblico e quello dei creativi: Supernatural. Non mi metterò a
parlarne nel dettaglio in quest’articolo -i dettagli li lascio su “…Around
Bonfire”- trattandosi di una mera
chiacchierata/recensioncina su questa serie tv, tuttavia quel che è diventata
mi lascia senza parole. Letteralmente. Dopo quest’ultima stagione -siamo
all'undicesima, ne è passato di tempo- il modo con cui si è articolato
l’intreccio narrativo, amalgamandosi perfettamente con quello che è il comparto
mitologico, è veramente sbalorditivo dato che comunque la serie presenta una
progressione degli episodi molto standardizzata, sfociando a volte nella
ripetitività. Cercherò di non fare spoiler dato che quelli li riservo per un
altro post, tuttavia… parliamone. Sarò onesto ma la prima stagione non mi
attrasse più di tanto: era un passatempo come un altro, la guardavo in maniera
svogliata, interessato unicamente dal demone che tormentava i fratelli
Winchester.
Dai, non era la prima serie tv che trattava il tema del sovrannaturale,
il tutto era abbastanza scontato però c’era qualcosa che mi dava la voglia di
continuare. Passai alle altre stagioni e piano piano ne fui affascinato, come
se la trama si volesse dirigere di proposito verso quello che volevo vedere,
ossia la disposizione di ogni figura appartenente alla mitologia: l’inferno, il
paradiso, angeli, demoni, divinità, vampiri, licantropi… fin quando non giunse
la quarta e la quinta stagione. Figate assurde (passatemi il termine poco
tecnico): Apocalisse, Lucifero, i Quattro cavalieri, Michele, il tutto
contornato da botte da orbi e i soliti casi paranormali che i Fratelli
Winchester si trovavano ad affrontare (molto noiosi secondo me), oltre alle
nuove grattachecche. Poi vi fu l’avvento della sesta, settima e ottava stagione.
Quelle furono le stagioni che mi portarono a dubitare per la prima volta della
serie; dopo tanto exploit di contenuto personalmente mi aspettavo la presenza
di qualcosa un po’ più “divino”, invece ne rimasi deluso, compresa la parte che
trattava dei Leviatani e del Purgatorio (mi fermo qui e vi rimando alla visione
delle stagioni). Poi vennero la nona e decima stagione, e lì ricominciai a
nutrire speranza; mi stavo accorgendo che stava per prepararsi qualcosa di
grosso e cattivo. Eh sì, perché dulcis in fundo -o meglio malus in fundo- c’era
lei, il cattivo dei cattivi, l’ombra della notte più cupa, il sogno bagnato di
ogni fan che agogna un villain femminile veramente duro da digerire:
l’Oscurità, il capolavoro – a mio avviso ovviamente- di recitazione della
Swallow che si cimenta in un personaggio enigmatico quanto potente e
carismatico.
Non mi dilungherò adesso a parlare dell’undicesima stagione – come
ho detto questo lo riservo per altri format- tuttavia è interessante come si
sia evoluto il tutto: abbiamo due fratelli, cacciatori di creature
sovrannaturali, tormentati da un passato tremendo che, in maniera quasi
scherzosa, per non dire cazzona, affrontano ogni genere di
mostro/fantasma/demone a suon del buon vecchio rock. Poi piano piano le cose
degenerano, il rapporto tra i due diventa sempre più losco, quasi
autodistruttivo, mentre dei casini divini si fanno avanti, complicando il
legame tra i due fratelli ulteriormente. Una classica storia, un classico
schema mentale, niente di nuovo; ed allora cosa rende questa serie tv degna di
essere nel bene e nel male elogiata? Le IDEE: Supernatural, malgrado la palese
ripetitività degli episodi, che di certo è il suo tallone d’Achille, è pieno di
idee prese dalla mitologia sia di strada che pagana, arricchendo e,
soprattutto, intrattenendo il pubblico con personaggi nuovi, dotati di umorismo
tagliente e spesso piacevoli (in tutti i sensi), e delineando sempre più quelli già esistenti. Ma adesso veniamo a trattare il
alto negativo di tutto ciò: il fandom. Il fatto che una serie come Supernatural
si sia spinta fino alla dodicesima stagione è indice anche di un grande numero
di sostenitori, molti dei quali creativamente partecipi all'evoluzione del
format; ma tra questi vi è il fandom, ossia i cosiddetti ultras che si scagliano
in maniera accanita sulle decisioni della regia nei riguardi dell’evoluzione di
questo o quel personaggio, finendo per svilire il tutto, rendendolo quasi una
soap opera. A fronte di ciò torniamo al punto che esponevo sopra: credete voi
che tutto ciò serva ad evolvere fattivamente una serie del genere, a dare quel
tocco di estro geniale che possa farla ricordare come una delle migliori serie?
No, decisamente; è il fandom, quello cattivo, quello che non evolve in qualcosa
di nuovo ma che tenta di mantenere quel che c’è già, a svilire una serie, e
Supernatural in parte ne è una prova; ma -e qui mi alzo in un’enorme applauso-
la cosa più divertente che in un certo senso riabilita SN è il fatto che a volte rompa deliberatamente la quarta parete, immergendosi nella realtà del Fandom,
prendendolo in giro e regalando delle perle di comicità in una serie che molto
spesso può risultare pesante, sia per contenuti che -come al solito- per la sua
ripetitività. Detto questo ci possiamo aprire alla chiusura sperando che la
Dodicesima stagione non sia troppo snervante e che riesca, ancora, a regalarci
altre emozioni, e magari trovare un buon lieto fine alla fin troppo incasinata storia
dei Fratelli Winchester.
P.S. NON DIMENTICATEVI DI LODARE CROWLEY, KING OF HELL
Custos
... Around Bonfire (Part II) Bloodborne Lore - Yharnam
Vi starete
chiedendo cosa sia Yharnam, perché l’Incubo si è abbattuto su di essa, e perché
proprio lei. Sarebbe assurdo se vi parlassi di una maledizione, di una sciagura
non prevista, di un qualche allineamento cosmico che ha provocato un disastro
talmente immenso da non aver avuto mai eguali nella storia; sarebbe assurdo
anche solo il mio vano tentativo di raccontare i fatti che hanno distrutto
migliaia di anime innocenti, condannandole a diventare il cemento per
sorreggere quel mostruoso essere che proprio in questo alberga tra le vie della città. Tuttavia
adesso, con ordine, o ciò che ne riamane, tenterò di raccontare quel che posso
aver intuito nel vivere in questo sobborgo di umanità calpestata. Dovete sapere
che Yharnam non è mai stata così, prima che la Luna Rossa si ergesse sulle
nostre teste questa piccola cittadina non era altro che uno dei tanti paesi
che, prima o poi, sarebbe morto lasciando il posto ad una città fantasma.
I suoi abitanti erano stanchi delle continue epidemie, stanchi dei soprusi dei potenti che cercavano di arricchirsi sulle spalle della povera gente. Insomma, la normale storia di una città che di certo in quel momento non viveva il suo periodo migliore. Poi accadde qualcosa, qualcosa di imprevisto che da lì a poco avrebbe segnato il destino di molte vite. A Byrgenwerth, la migliore scuola di tutto tutta la città, per non dire di tutta le terre a ovest di Yharnam, fonte della più alta educazione dei rampolli delle nobili casate, avvenne una grande scoperta. Fu ritrovato qualcosa, la memoria di una antica civiltà; molti lo definiscono come Il Calice, una forma di ricettacolo in grado di incanalare la volontà ed aprire porte altrimenti inaccessibili. Il Calice era il ricettacolo di qualcosa che, tuttavia, al tempo si ignorava ma che ben presto sarebbe divenuto la piaga della città stessa: Il Sangue. No, non sangue qualsiasi, non il sangue di un qualsiasi mendicante o di una qualsiasi puttana; no, era qualcosa di antico, volutamente celato per la sua enorme potenza. Probabilmente fu l’assaggio di quella potenza che trasformò Byrgenwerth, dissennando il suo rettore Willehm nella ricerca della Verità su quell'Antico Sangue. Così iniziarono le ricerche, dapprima in maniera attenta, evitando di mietere vite innocenti, poi sempre più insistentemente, lasciando il posto alla volontà di scovare segreti e alla noncuranza delle conseguenze. Tutti all'interno di Byrgenwerth volevano ottenere la Verità, volevano ottenere il potere presi da una frenesia inumana, ma non sapevano che ben presto il potere avrebbe bussato alle porte della loro follia. Fu così che le notti a Yharnam divennero più lunghe, ed una strana ombra si aggirava tra i vicoli della città; una foschia si elevava dal sottosuolo, sempre più densa, sempre più opprimente, un saturo miasma di un orribile presagio, l’inizio di qualcosa più grande di tutti noi. La città divenne irrequieta, gli abitanti si chiudevano in casa, ogni persona iniziava a guardarsi con sospetto vicendevolmente; se prima la città sembrava sfiancata da una vita già abbastanza ingiusta, adesso il suo volto stava mutando in qualcosa di ancora più oscuro.
Poi giunse un fulmine a ciel sereno: mentre prima Byrgenwerth era il centro della conoscenza, repentinamente fu proclamata come zona proibita: nessuno sapeva spiegarsi il perché, nessuno osava porre alcuna domanda. E malgrado tutto, ciò che destava più sospetto erano coloro che provenivano dal vecchio centro di studi: gli ex studenti si rivolgevano alla gente cercando di aiutarla senza nessun apparente contraccambio; distribuivano promesse, sogni di una rivincita non solo sui potenti della città ma anche sopra la stessa natura umana; quest’ultima promessa sembrava al tempo troppo enigmatica, ma sapeva attrarre con il suo fascino allettante- chi non vorrebbe il potere? Così ben presto, tramite uno strano intruglio chiamato Sangue Curativo, diedero la forza a molti cittadini, soverchiarono il potere reggente della città e si autoproclamarono come Chiesa della Cura, un sogno che per la maggior parte della popolazione sembrava una promessa di democrazia. Ma come tutti sappiamo, la politica deve essere accompagnata da un gesto concreto che possa suggellare il patto tra amministrazione e popolo, un dono che possa convincere i molti a pensare come un unico individuo: e questo dono lo trovarono nel Sangue. Questo particolare intruglio, che ricordava molto per densità e aspetto il sangue umano, non aveva l’essenza del sangue, o almeno non all'inizio: dava forza, una grande resistenza e dominio di sé, rinvigoriva i sensi e allietava con un’insolita sensazione a metà tra euforia ed estasi. Questo era un piacere momentaneo, e se all'inizio veniva somministrato ai deboli e agli ammalati, presto chiunque ne faceva uso, portando non solo i cittadini a diventare infaticabili, principale manodopera per la costruzione delle eleganti torri e campanili della città, ma spargendo anche a voce tra i popoli vicini. Così molti stranieri giunsero in città, e anch'essi si univano alla Comunione, la particolare cerimonia dove veniva offerto il Sangue. Questo arrecò molto benessere a Yharnam, ma tale condizione non sarebbe durata a lungo. Come ho detto, malgrado tutto le notti si facevano sempre più lunghe, sempre più buie, e la luna, sempre piena, non cambiava mai di fase; e nessuno badava a guardare il cielo in quelle notti, quando le urla strazianti riecheggiavano nel silenzio di strade prive di vita. Iniziarono così a manifestarsi strane ombre, strani grugniti negli angoli più oscuri, e molto spesso durante le ronde della guardia cittadina venivano scovati dei cadaveri orrendamente mutilati, straziati come da belve assetate di sangue. La Paura iniziava a strisciare nell’animo della gente, e la Chiesa della Cura cercò di porre rimedio istituendo un ordine detto dei Cacciatori, capaci di affrontare l’oscura minaccia. Molti perirono ugualmente, ma ben presto scoprirono l’orribile verità: c’erano delle belve nelle strade di Yharnam, esseri orrendi che prima avevano sembianze umane. Subito si sparse la voce, e il panico generale creò l’angoscia più cupa;
ognuno diffidava del proprio vicino in maniera peggiore di quanto avesse fatto in passato, e questo da parte della Chiesa della Cura non poteva essere sopportato. Molto furbamente trovarono un capro espiatorio, e subito le attenzioni della popolazione si rivolse sugli stranieri. Vennero cacciati perché portatori della piaga delle belve -così venne chiamata l'assuefazione dal Sangue- e così Yharnam si chiuse tra le sue mura, accogliendo gli stranieri solo clandestinamente. Per gli Yharnamiti gli stranieri erano deboli poichè la Comunione sopraffaceva la loro mente, inducendo una grottesca metamorfosi sanguinaria, sviluppando una furia omicida senza eguali; non sapevano che coloro che sparivano erano proprio i loro vicini, i loro mariti, i loro figli, che trasformati soccombevano sotto le armi dei Cacciatori; ma tutto ciò non veniva messo in conto, tanta era l'ebrezza che il Sangue procurava. Così la piaga si diffondeva, ed ogni notte era più lunga della precedente. Per la popolazione la Caccia era diventata un rituale che, come scopo, si prefiggeva l’eliminazione di coloro che manifestavano i sintomi delle trasformazioni, di coloro la cui pericolosità poteva intaccarli.
Me venne una notte, una notte di fiamme e sangue, e puzzo di carne lacera e carbonizzata; una notte di sacrificio, e di morte. La Piaga si era diffusa troppo per non essere notata, e la Chiesa diede l’ordine ultimo: bruciare e sigillare la vecchia città, trasferire i rifugiati nelle zone più esterne, e dimenticare. Io non dimenticherò mai quella notte illuminata dalla luna, quella notte dove la Chiesa si rivelò essere quel che sempre era stata, e lo scopo che si era prefissata: ci hanno studiato, ci hanno esaminato attentamente, curiosi ed allo stesso tempo impazienti di avere risposte sull'Evoluzione, il grottesco passaggio dalla vita umana a quella di Grande Essere. Non so cosa siano questi “Grandi Esseri” se non che un tempo furono le antiche divinità scese dal cielo e che avevano abitato in passato queste terre, ma oltre a ciò non esiste memoria sulla malvagità o magnanimità di queste creature. Eppure tra i borbottii senza senso e le urla strazianti di Laurence, ex allievo di Willehm e capo della Chiesa della cura, il loro sangue aveva portato la Piaga. Prima che si trasformasse Laurence aveva cercato di spiegare che non era il Sangue l’unico mezzo per l’Evoluzione, ma la conoscenza, conoscenza che non possedeva. “Temi il Sangue Antico” queste le sue ultime parole prima di diventare una belva; lo vidi soccombere tra le fiamme, urlante di folli grida ferali, ma fu generoso anche nella sua morte: potemmo scoprire che il fuoco era molto efficace contro le bestie.
Fu così che la Vecchia Yharnam cadde, e molti perirono tra coloro che non si trasformarono. Vidi le fiamme, e udii le grida della povera gente che, circondata da infernali lingue di fuoco, non ancora completamente trasformata, si aggirava incerta tra quelle strade martoriate come spiriti di vendetta, con occhi ebbri di sangue, eppure ancora coscienti, consapevoli che il loro corpo si stava sgretolando, consapevoli che presto la morte li avrebbe sollevati da quella terribile maledizione. Ma tutto ciò non fu la fine; altre macchinazioni erano in agguato nell'oblio della Cattedrale, centro dell’influenza della Chiesa, fulcro del terribile destino di tutti noi: molto di quel che so non è altro che un frammento di una più profonda verità, verità che non voglio conoscere, a cui non aspiro più da molto tempo. Preferisco essere un vigliacco, preferisco vedere uno ad uno i miei cari morire o trasformarsi, ma quella Verità… quella Verità mi distruggerà; non mi farà morire ma mi condannerà ad un’eternità di oblio, inganni e follia, perché non ne sono degno, perché non sono l’Erede. Io, un misero cacciatore, starò qui a vegliare su quel che una volta è stata la mia gente, e malgrado la Luna Rossa sarà alta nel cielo cercherò di resistere al suo allettante abbraccio, perché quella… quella è stata l’inizio dell’incubo nel quale noi tutti periremo.
Custos
I suoi abitanti erano stanchi delle continue epidemie, stanchi dei soprusi dei potenti che cercavano di arricchirsi sulle spalle della povera gente. Insomma, la normale storia di una città che di certo in quel momento non viveva il suo periodo migliore. Poi accadde qualcosa, qualcosa di imprevisto che da lì a poco avrebbe segnato il destino di molte vite. A Byrgenwerth, la migliore scuola di tutto tutta la città, per non dire di tutta le terre a ovest di Yharnam, fonte della più alta educazione dei rampolli delle nobili casate, avvenne una grande scoperta. Fu ritrovato qualcosa, la memoria di una antica civiltà; molti lo definiscono come Il Calice, una forma di ricettacolo in grado di incanalare la volontà ed aprire porte altrimenti inaccessibili. Il Calice era il ricettacolo di qualcosa che, tuttavia, al tempo si ignorava ma che ben presto sarebbe divenuto la piaga della città stessa: Il Sangue. No, non sangue qualsiasi, non il sangue di un qualsiasi mendicante o di una qualsiasi puttana; no, era qualcosa di antico, volutamente celato per la sua enorme potenza. Probabilmente fu l’assaggio di quella potenza che trasformò Byrgenwerth, dissennando il suo rettore Willehm nella ricerca della Verità su quell'Antico Sangue. Così iniziarono le ricerche, dapprima in maniera attenta, evitando di mietere vite innocenti, poi sempre più insistentemente, lasciando il posto alla volontà di scovare segreti e alla noncuranza delle conseguenze. Tutti all'interno di Byrgenwerth volevano ottenere la Verità, volevano ottenere il potere presi da una frenesia inumana, ma non sapevano che ben presto il potere avrebbe bussato alle porte della loro follia. Fu così che le notti a Yharnam divennero più lunghe, ed una strana ombra si aggirava tra i vicoli della città; una foschia si elevava dal sottosuolo, sempre più densa, sempre più opprimente, un saturo miasma di un orribile presagio, l’inizio di qualcosa più grande di tutti noi. La città divenne irrequieta, gli abitanti si chiudevano in casa, ogni persona iniziava a guardarsi con sospetto vicendevolmente; se prima la città sembrava sfiancata da una vita già abbastanza ingiusta, adesso il suo volto stava mutando in qualcosa di ancora più oscuro.
Poi giunse un fulmine a ciel sereno: mentre prima Byrgenwerth era il centro della conoscenza, repentinamente fu proclamata come zona proibita: nessuno sapeva spiegarsi il perché, nessuno osava porre alcuna domanda. E malgrado tutto, ciò che destava più sospetto erano coloro che provenivano dal vecchio centro di studi: gli ex studenti si rivolgevano alla gente cercando di aiutarla senza nessun apparente contraccambio; distribuivano promesse, sogni di una rivincita non solo sui potenti della città ma anche sopra la stessa natura umana; quest’ultima promessa sembrava al tempo troppo enigmatica, ma sapeva attrarre con il suo fascino allettante- chi non vorrebbe il potere? Così ben presto, tramite uno strano intruglio chiamato Sangue Curativo, diedero la forza a molti cittadini, soverchiarono il potere reggente della città e si autoproclamarono come Chiesa della Cura, un sogno che per la maggior parte della popolazione sembrava una promessa di democrazia. Ma come tutti sappiamo, la politica deve essere accompagnata da un gesto concreto che possa suggellare il patto tra amministrazione e popolo, un dono che possa convincere i molti a pensare come un unico individuo: e questo dono lo trovarono nel Sangue. Questo particolare intruglio, che ricordava molto per densità e aspetto il sangue umano, non aveva l’essenza del sangue, o almeno non all'inizio: dava forza, una grande resistenza e dominio di sé, rinvigoriva i sensi e allietava con un’insolita sensazione a metà tra euforia ed estasi. Questo era un piacere momentaneo, e se all'inizio veniva somministrato ai deboli e agli ammalati, presto chiunque ne faceva uso, portando non solo i cittadini a diventare infaticabili, principale manodopera per la costruzione delle eleganti torri e campanili della città, ma spargendo anche a voce tra i popoli vicini. Così molti stranieri giunsero in città, e anch'essi si univano alla Comunione, la particolare cerimonia dove veniva offerto il Sangue. Questo arrecò molto benessere a Yharnam, ma tale condizione non sarebbe durata a lungo. Come ho detto, malgrado tutto le notti si facevano sempre più lunghe, sempre più buie, e la luna, sempre piena, non cambiava mai di fase; e nessuno badava a guardare il cielo in quelle notti, quando le urla strazianti riecheggiavano nel silenzio di strade prive di vita. Iniziarono così a manifestarsi strane ombre, strani grugniti negli angoli più oscuri, e molto spesso durante le ronde della guardia cittadina venivano scovati dei cadaveri orrendamente mutilati, straziati come da belve assetate di sangue. La Paura iniziava a strisciare nell’animo della gente, e la Chiesa della Cura cercò di porre rimedio istituendo un ordine detto dei Cacciatori, capaci di affrontare l’oscura minaccia. Molti perirono ugualmente, ma ben presto scoprirono l’orribile verità: c’erano delle belve nelle strade di Yharnam, esseri orrendi che prima avevano sembianze umane. Subito si sparse la voce, e il panico generale creò l’angoscia più cupa;
ognuno diffidava del proprio vicino in maniera peggiore di quanto avesse fatto in passato, e questo da parte della Chiesa della Cura non poteva essere sopportato. Molto furbamente trovarono un capro espiatorio, e subito le attenzioni della popolazione si rivolse sugli stranieri. Vennero cacciati perché portatori della piaga delle belve -così venne chiamata l'assuefazione dal Sangue- e così Yharnam si chiuse tra le sue mura, accogliendo gli stranieri solo clandestinamente. Per gli Yharnamiti gli stranieri erano deboli poichè la Comunione sopraffaceva la loro mente, inducendo una grottesca metamorfosi sanguinaria, sviluppando una furia omicida senza eguali; non sapevano che coloro che sparivano erano proprio i loro vicini, i loro mariti, i loro figli, che trasformati soccombevano sotto le armi dei Cacciatori; ma tutto ciò non veniva messo in conto, tanta era l'ebrezza che il Sangue procurava. Così la piaga si diffondeva, ed ogni notte era più lunga della precedente. Per la popolazione la Caccia era diventata un rituale che, come scopo, si prefiggeva l’eliminazione di coloro che manifestavano i sintomi delle trasformazioni, di coloro la cui pericolosità poteva intaccarli.
Me venne una notte, una notte di fiamme e sangue, e puzzo di carne lacera e carbonizzata; una notte di sacrificio, e di morte. La Piaga si era diffusa troppo per non essere notata, e la Chiesa diede l’ordine ultimo: bruciare e sigillare la vecchia città, trasferire i rifugiati nelle zone più esterne, e dimenticare. Io non dimenticherò mai quella notte illuminata dalla luna, quella notte dove la Chiesa si rivelò essere quel che sempre era stata, e lo scopo che si era prefissata: ci hanno studiato, ci hanno esaminato attentamente, curiosi ed allo stesso tempo impazienti di avere risposte sull'Evoluzione, il grottesco passaggio dalla vita umana a quella di Grande Essere. Non so cosa siano questi “Grandi Esseri” se non che un tempo furono le antiche divinità scese dal cielo e che avevano abitato in passato queste terre, ma oltre a ciò non esiste memoria sulla malvagità o magnanimità di queste creature. Eppure tra i borbottii senza senso e le urla strazianti di Laurence, ex allievo di Willehm e capo della Chiesa della cura, il loro sangue aveva portato la Piaga. Prima che si trasformasse Laurence aveva cercato di spiegare che non era il Sangue l’unico mezzo per l’Evoluzione, ma la conoscenza, conoscenza che non possedeva. “Temi il Sangue Antico” queste le sue ultime parole prima di diventare una belva; lo vidi soccombere tra le fiamme, urlante di folli grida ferali, ma fu generoso anche nella sua morte: potemmo scoprire che il fuoco era molto efficace contro le bestie.
Fu così che la Vecchia Yharnam cadde, e molti perirono tra coloro che non si trasformarono. Vidi le fiamme, e udii le grida della povera gente che, circondata da infernali lingue di fuoco, non ancora completamente trasformata, si aggirava incerta tra quelle strade martoriate come spiriti di vendetta, con occhi ebbri di sangue, eppure ancora coscienti, consapevoli che il loro corpo si stava sgretolando, consapevoli che presto la morte li avrebbe sollevati da quella terribile maledizione. Ma tutto ciò non fu la fine; altre macchinazioni erano in agguato nell'oblio della Cattedrale, centro dell’influenza della Chiesa, fulcro del terribile destino di tutti noi: molto di quel che so non è altro che un frammento di una più profonda verità, verità che non voglio conoscere, a cui non aspiro più da molto tempo. Preferisco essere un vigliacco, preferisco vedere uno ad uno i miei cari morire o trasformarsi, ma quella Verità… quella Verità mi distruggerà; non mi farà morire ma mi condannerà ad un’eternità di oblio, inganni e follia, perché non ne sono degno, perché non sono l’Erede. Io, un misero cacciatore, starò qui a vegliare su quel che una volta è stata la mia gente, e malgrado la Luna Rossa sarà alta nel cielo cercherò di resistere al suo allettante abbraccio, perché quella… quella è stata l’inizio dell’incubo nel quale noi tutti periremo.
Custos
sabato 14 maggio 2016
... Around Bonfire (part I) Bloodborne Lore - Pthumeru
Questa storia non ha nessun “C’era una volta”, perché ciò che è stato
non deve mai più essere ricordato. Rammenta mio giovane allievo affinché tu
possa temere il sangue antico e credi in ciò che sto per dirti perché l’avidità
dell’antica conoscenza è forte nell'animo degli uomini, e l’unico rimedio
possibile per sedarla è la paura. Ciò che avete appreso sul Cosmo dai vostri
maestri sono solo informazioni parziali, se non errate per certi versi. Non
esistono gli dei che voi adorate nel buio gelido di ciò che sta al di là della
nostra mente, come nemmeno la Verità che tanto cerchiamo guardando la luna nel
cielo. No, mio caro Laurence, la Verità che cerchiamo sta in basso, nelle
profondità dimenticate di una terra lontana che è stata abitata da Creature di
altri piani che, nella loro potenza, hanno voluto tendere una mano, non per
aiutarci tuttavia, ma per curiosità e “desiderio” -uso un termine improprio,
ragazzo- di qualcosa. Loro si sono accorti di noi, hanno udito il flebile
richiamo della nostra preghiera, ed hanno risposto manifestandosi alle nostre
menti. Inutile dire che ci hanno cambiato. Hanno cambiato la nostra percezione
della realtà, la nostra stessa essenza, le nostre menti, spalancando occhi dove
prima non c’erano. Ma tutto questo non è stato per un mero desiderio
altruistico; forse nemmeno sanno cosa sia l’altruismo o qualunque altro
sentimento che normalmente appartiene alla nostra razza. No, giovane mio, Loro… Loro stavano morendo. Erano rimasti in pochi, si sarebbero estinti se fossero
rimasti nelle loro dimore, o forse avrebbero vissuto l’eternità diventando
vegetali e raggrinzendosi, perdendo la loro Verità per sempre. Hanno trovato in
noi il modo per salvarsi; ci hanno studiato, come noi studiavano loro, ed alla
fine hanno saputo. Volevano un bambino, qualcuno che fosse stato in grado di
poter tramandare la loro Conoscenza e la loro stirpe, qualcuno che fosse stato
in grado di comprenderli e, magari, amarli. Infondo cosa farsene della
conoscenza senza condividerla?... Scusami mio caro se divago in sentimentalismi
dove questi non esistono nemmeno ma, cosa succederebbe se diventassimo come
loro? Immagina, cosa saremmo senza il desiderio o il peccato, cosa senza l’orgoglio
o il pregiudizio? Essere migliori, o terribili? Ah, meraviglia ed orrore, il
terrore ha sposato lo stupore ed adesso noi siamo qui, alle porte della mente,
ad un passo dall'evoluzione eppure così lontani dal comprenderla. Sai, anche
loro, gli Pthumeriani, cercarono di comprendere quella conoscenza evolutiva,
scrutando in quel vaso di Pandora proibito che mai nessuno prima tentò di
ammirare. Lì seppero, e quello che decisero in seguito potrebbe essere stato un
chiaro avvertimento per ciò che abbiamo trovato: si chiusero nelle loro tombe,
vegliando ed accrescendo il loro sapere. Nell'ombra la loro pelle divenne
bianca mentre il loro volto, contorto in un urlo osceno per l’orrore, fu
privato degli occhi diventando oscure caverne dell’abisso. Avevano ottenuto l’immortalità,
ma non la conoscenza, trasformandosi in ibridi, custodi del sonno dei loro Padroni.
Tutti subirono tale sorte… tutti eccetto uno, il loro sovrano. Costui, o meglio costei, che risiede nell'ombra più oscura delle profondità della sua dimora, piange il suo bambino, un tesoro ottenuto a caro prezzo che tuttavia non le appartiene. Ciò che spinse la sua anima a concepire un abominio come quello rimane un mistero, mistero che tuttavia non potremo mai scoprire. Non vidi mai la dama Pthumeriana se non come memoria lontana incisa sulle pareti di quella porzione di Oscurità che siamo riusciti a squarciare, né confido sul fatto che in futuro saremo in grado di spingerci più in là.
L’Ombra è densa in quegli anfratti, satura di un’inquietante miasma di paura e follia, capace di offuscare per sempre la mente degli esploratori, destinati a perdersi nei loculi di quella tomba vivente. Eppure quanti tesori ancora cela, quanti resti dell’arte di un’antica civiltà che per prima venne a contatto con Loro. Forse c’è un motivo se i segreti sono tali, e la bramosia, che in quel mondo ammette come unico rimedio la morte o la follia, deve essere frenata. Quindi pondera ogni tua scelta quando ti avventuri in quei luoghi, Laurence, e indirizza i tuoi passi verso quell'unico obiettivo se vuoi rimanere vivo. Noi abbiamo fatto così, e con fermezza abbiamo continuato malgrado le importanti perdite, scovando tesori ed arcani prodigi grazie a Ludwig ed alla sua forza. Prodigi, Ah, che termine riduttivo per descrivere quello che i miei occhi hanno visto! Laurence, mio caro, quale grottesca e straordinaria follia la mia mente ha potuto assistere, quale disturbante visione i miei occhi hanno potuto osservare. Erano lì, dormivano in attesa che qualcuno li scuotesse dal loro sonno immoto; volevano essere trovati da noi, mio caro, e volevano che noi prendessimo la loro forza, la loro vita, per poter rinascere in questo tempo.
Era bellissima nel terrore, e leggiadra nella pazzia, amabile nel disgusto e luce di speranza nel tormento; imponente e maestosa, era cieca a questo mondo ma comunque in grado di percepirci, quasi potevo sentirla sussurrare nella mia anima, turbandomi con ciò che mi diceva.
Mi fece un dono, che tengo segreto e che confido solo a te, mio diletto; mi donò il suo sangue, dicendomi che ne ero degno. Non sembrava affatto sangue ma la migliore di tutte le bevande, perché ne bevvi, e mi si aprirono gli occhi del cosmo, chiudendo quelli di questa terra. Ancora oggi al ricordo di quell'evento, ciò che risiede in me si agita, estasiandomi con la sua danza. Ma io non mi sento pronto, forse non lo sarò mai; mi considero un prototipo, un esperimento iniziale per qualcosa di più grande. Sono contento di questo, euforico come un ubriaco alla vista del dolce nettare che lo rende pieno di vita, perché un giorno potrò rivederla sotto nuovi occhi e nuova forma. L’unica cosa che temo è la stupidità dell’uomo di ottenere il potere che lei potrà offrirà ché, scoprendo il suo potenziale, la renderà schiava, mero oggetto per esperimenti, condannandola alla morte. Ti prego di proteggerla, mio caro, perché nessuno la utilizzi, o meglio sfrutti il suo sangue. Lei è astuta, capace di plasmare la mente al suo volere, al suo scopo. Lei, come tutta la sua razza, vuole un infante. Per tutto ciò che risiede nel cosmo, Laurence, il potere che ne deriverebbe sarebbe troppo grande e soverchiante! Perciò attento se un giorno la servirai, sappi che anche tu diverrai un segreto. Io ho visto il mio avvenire, so cosa farai ma ne sono lieto, la Chiesa della Cura deve nascere per poter aiutare il prescelto, solo lui è destinato ad essere elevato sopra le nostre menti. Non impedirlo, mio diletto, e non divenire ciò per cui non sei stato scelto. Ah penso sia giunto il momento che tu mi dica quel che volevi dirmi, anche se già lo so.
Sappi una cosa; il suo nome è Ebrietas perché del suo sangue diverrete tutti ebbri, e benedetto quel giorno in cui la luna mostrerà il vero volto di un’umanità evoluta.
Tutti subirono tale sorte… tutti eccetto uno, il loro sovrano. Costui, o meglio costei, che risiede nell'ombra più oscura delle profondità della sua dimora, piange il suo bambino, un tesoro ottenuto a caro prezzo che tuttavia non le appartiene. Ciò che spinse la sua anima a concepire un abominio come quello rimane un mistero, mistero che tuttavia non potremo mai scoprire. Non vidi mai la dama Pthumeriana se non come memoria lontana incisa sulle pareti di quella porzione di Oscurità che siamo riusciti a squarciare, né confido sul fatto che in futuro saremo in grado di spingerci più in là.
L’Ombra è densa in quegli anfratti, satura di un’inquietante miasma di paura e follia, capace di offuscare per sempre la mente degli esploratori, destinati a perdersi nei loculi di quella tomba vivente. Eppure quanti tesori ancora cela, quanti resti dell’arte di un’antica civiltà che per prima venne a contatto con Loro. Forse c’è un motivo se i segreti sono tali, e la bramosia, che in quel mondo ammette come unico rimedio la morte o la follia, deve essere frenata. Quindi pondera ogni tua scelta quando ti avventuri in quei luoghi, Laurence, e indirizza i tuoi passi verso quell'unico obiettivo se vuoi rimanere vivo. Noi abbiamo fatto così, e con fermezza abbiamo continuato malgrado le importanti perdite, scovando tesori ed arcani prodigi grazie a Ludwig ed alla sua forza. Prodigi, Ah, che termine riduttivo per descrivere quello che i miei occhi hanno visto! Laurence, mio caro, quale grottesca e straordinaria follia la mia mente ha potuto assistere, quale disturbante visione i miei occhi hanno potuto osservare. Erano lì, dormivano in attesa che qualcuno li scuotesse dal loro sonno immoto; volevano essere trovati da noi, mio caro, e volevano che noi prendessimo la loro forza, la loro vita, per poter rinascere in questo tempo.
Era bellissima nel terrore, e leggiadra nella pazzia, amabile nel disgusto e luce di speranza nel tormento; imponente e maestosa, era cieca a questo mondo ma comunque in grado di percepirci, quasi potevo sentirla sussurrare nella mia anima, turbandomi con ciò che mi diceva.
Mi fece un dono, che tengo segreto e che confido solo a te, mio diletto; mi donò il suo sangue, dicendomi che ne ero degno. Non sembrava affatto sangue ma la migliore di tutte le bevande, perché ne bevvi, e mi si aprirono gli occhi del cosmo, chiudendo quelli di questa terra. Ancora oggi al ricordo di quell'evento, ciò che risiede in me si agita, estasiandomi con la sua danza. Ma io non mi sento pronto, forse non lo sarò mai; mi considero un prototipo, un esperimento iniziale per qualcosa di più grande. Sono contento di questo, euforico come un ubriaco alla vista del dolce nettare che lo rende pieno di vita, perché un giorno potrò rivederla sotto nuovi occhi e nuova forma. L’unica cosa che temo è la stupidità dell’uomo di ottenere il potere che lei potrà offrirà ché, scoprendo il suo potenziale, la renderà schiava, mero oggetto per esperimenti, condannandola alla morte. Ti prego di proteggerla, mio caro, perché nessuno la utilizzi, o meglio sfrutti il suo sangue. Lei è astuta, capace di plasmare la mente al suo volere, al suo scopo. Lei, come tutta la sua razza, vuole un infante. Per tutto ciò che risiede nel cosmo, Laurence, il potere che ne deriverebbe sarebbe troppo grande e soverchiante! Perciò attento se un giorno la servirai, sappi che anche tu diverrai un segreto. Io ho visto il mio avvenire, so cosa farai ma ne sono lieto, la Chiesa della Cura deve nascere per poter aiutare il prescelto, solo lui è destinato ad essere elevato sopra le nostre menti. Non impedirlo, mio diletto, e non divenire ciò per cui non sei stato scelto. Ah penso sia giunto il momento che tu mi dica quel che volevi dirmi, anche se già lo so.
Sappi una cosa; il suo nome è Ebrietas perché del suo sangue diverrete tutti ebbri, e benedetto quel giorno in cui la luna mostrerà il vero volto di un’umanità evoluta.
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